Lo vedevi arrivare
vestito di stracci e stranezza,
mentre la malizia dei bimbi
rideva della sua saggezza.
Dopo un bicchiere di vino
con frasi un po' ironiche
e amare,
parlava in tedesco e in latino
parlava di Dio e Schopenhauer.
E parlava, parlava
con me che lo stavo a sentire
mentre la sera d'estate
non voleva morire.
Viveva di tutto e di niente
di vino che muove i ricordi,
di carità della gente
di dèi e filosofi sordi.
Chiacchiere d'un ubriaco
con salti di tempo e di spazio,
storie di sbornie e di amori
che non capivano Orazio.
E quelle sere d'estate
sapevan di vino e di scienza,
con me che lo stavo a sentire
con colta benevolenza.
Ma non ho ancora capito
mentre lo stavo a ascoltare,
chi fosse a prendere in giro
chi dei due fosse a imparare.
Ma non ho ancora capito
fra risa per donne e per Dio,
se fosse lui il disperato
o il disperato son io.
Ma non ho ancora capito
con la mia cultura fasulla,
chi avesse capito la vita
chi non capisse ancor nulla.
Marco Giunco |
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