Conosco invece l'epoca dei
fatti, qual era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista,
ferroviere.
I tempi in cui si cominciava
la guerra santa dei pezzenti:
sembrava il treno anch'esso
un mito di progresso, lanciato sopra i continenti.
E la locomotiva sembrava fosse
un mostro strano,
che l'uomo dominava con il
pensiero e con la mano:
ruggendo si lasciava indietro
distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un
potere tremendo, la stessa forza della dinamite.
Ma un'altra grande forza spiegava
allora le sue ali:
parole che dicevano "gli uomini
sono tutti uguali",
e contro ai re e ai tiranni
scoppiava nella via
la bomba proletaria, e illuminava
l'aria la fiaccola dell'anarchia.
Un treno tutti i giorni passava
per la sua stazione:
un treno di lusso, lontana
destinazione.
Vedeva gente riverita, pensava
a quei velluti, agli ori,
pensava al magro giorno della
sua gente attorno, pensava un treno pieno di signori.
Non so che cosa accadde, perché
prese la decisione.
Forse una rabbia antica, generazioni
senza nome
che urlarono vendetta, gli
accecarono il cuore,
dimenticò pietà,
scordò la sua bontà, la bomba sua la macchina a vapore.
E sul binario stava la locomotiva:
la macchina pulsante sembrava
fosse cosa viva,
sembrava un giovane puledro
che appena liberato il freno
mordesse la rotaia con muscoli
d'acciaio, con forza cieca di baleno.
E un giorno come gli altri,
ma forse con più rabbia in corpo,
pensò che aveva il
modo di riparare a qualche torto:
salì sul mostro che
dormiva, cercò di mandar via la sua paura,
e prima di pensare a quel
che stava a fare, il mostro divorava la pianura.
Correva l'altro treno ignaro,
quasi senza fretta:
nessuno immaginava di andare
verso la vendetta.
Ma alla stazione di Bologna
arrivò la notizia in un baleno:
"Notizia di emergenza, agite
con urgenza, un pazzo si è lanciato contro il treno!"
Ma intanto corre, corre, corre
la locomotiva,
e sibila il vapore, sembra
quasi cosa viva,
e sembra dire ai contadini
curvi, il fischio che si spande in aria:
"Fratello non temere, che
corro al mio dovere! Trionfi la giustizia proletaria!"
E intanto corre corre corre
sempre più forte,
e corre, corre, corre, corre
verso la morte,
e niente ormai può
trattenere l'immensa forza distruttrice,
aspetta sol lo schianto e
poi che giunga il manto della grande consolatrice.
La storia ci racconta come
finì la corsa:
la macchina deviata lungo
una linea morta.
Con l'ultimo suo grido d'animale
la macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il cielo, poi
il fumo sparse il velo, lo raccolsero che ancora respirava.
Ma a noi piace pensarlo ancora
dietro al motore,
mentre fa correr via la macchina
a vapore,
e che ci giunga un giorno
ancora la notizia
di una locomotiva come una
cosa viva, lanciata a bomba contro l'ingiustizia!
Marco Giunco |
Work | Basket | Music | Words |