3 Dietrologia antica

Per quanti non avessero già gettato via il libro, disgustati da tante scempiaggini in così breve spazio, proveremo a raccontare gli avvenimenti intorno alla nascita di Cristo secondo l'impostazione della scuola dietrologica. Per far questo bisogna risalire al II a.C. quando viene fondato il partito Maccabeo per parte di un movimento nazionalista, militarista e revanscista che fa capo alla famiglia dei Maccabei, in particolare a Giuda Maccabeo. Per la inestricabile relazione tra politica, religione e clan che è caratteristica di quegli avvenimenti, bisognerà tener presente che i Maccabei sono della famiglia (clan) degli Asmonei. Il padre di Giuda aveva condotto la rivolta contro le truppe di occupazione siriane di Antioco Epifane, regnante in uno degli stati formatisi dopo la morte di Alessandro il grande. Questi Maccabei-Asmonei sono dei re-sacerdoti che condurranno una guerra di conquista a nord e a est, mirando a ricostituire la "grande israele" che andasse dalla Galilea al golfo di Acaba. Erano una famiglia regnante i cui membri erano grandi sacerdoti del Tempio di Gerusalemme, e controllavano pertanto il Sinedrio. Alleati dei Maccabei-Asmonei erano il partito Sadduceo, che difendeva gli interessi della nobiltà terriera, e le famiglie sacerdotali che costituivano la setta dei Sadducei. Secondo una versione sembra che i Sadducei non credessero in nessuna forma di vita post-mortem e che interpretassero la Salvezza di cui la Scrittura parlava soprattutto nel senso politico di salvezza di Israele. (10)
La situazione si destabilizza quando, intorno al 70 a.C. , il partito Fariseo riesce a prendere la maggioranza nel Sinedrio appoggiandosi alla setta dei Farisei. Questi ultimi appartenevano alla piccola borghesia cittadina, si suppone che ne difendessero gli interessi, e, si dice e si sottolinea, credevano nella resurrezione e nella immortalità dell'anima. Erano contrari a posizioni belliciste, e pensavano che la Salvezza derivasse soprattutto dalla stretta osservanza della legge.
Nel frattempo la dinastia Maccabea-Yannea è divorata da lotte intestine di successione, che si incastrano con l'arrivo delle truppe di occupazione Romane guidate da Pompeo. E' un re straniero, Erode il grande (di stirpe per metà Idumea, cioè Araba), che riesce a impadronirsi del potere nel volgere di qualche anno, e a conservarlo per più di trent'anni fino alla morte, poco tempo dopo o prima della nascita di Cristo. Il Sinedrio sta ovviamente dalla parte del re, e così pure il partito Fariseo.
Abbiamo allora la seguente coalizione: Erodiani, Farisei e Sinedrio con i Sacerdoti, governatorato del Procuratore (Prefetto) Romano. All'opposizione troviamo, o dovremmo trovare, i Sadducei, il partito Maccabeo passato in clandestinità, la minoranza del Sinedrio.
Dopo la morte di Erode le acque tornano ad agitarsi. Viene fondato, da Giuda il Galileo, un partito che ha il programma dichiarato di far sgombrare i Romani e ridare piena indipendenza alla Palestina, ripristinare la grande Israele, cacciare gli eredi di Erode il grande, ripristinare lo zelo nell'osservanza della legge: si tratta del partito degli Zeloti.
Accanto agli Zeloti è necessario parlare degli Esseni, ma qui il terreno è più infido. A causa delle grandi falsificazioni operate sugli scritti degli albori del Cristianesimo, una definizione degli Esseni è già uno schieramento politico e ideologico. Tutto ciò è dovuto alla scarsità dei documenti in nostro possesso; si pensi se, tra qualche secolo o millennio, del leninismo fossero sopravvissuti solo i documenti diciamo del periodo della NEP. Uno avrebbe una opinione perlomeno distorta del marxismo-leninismo, e sarebbe legittimo il sospettare che tutta l'altra documentazione non sia sparita per caso, ma al contrario per una attenta distruzione selettiva dei documenti comprovanti un diverso atteggiamento nei confronti del mercato e dell'economia in generale. Se chi avesse operato una tale falsificazione dei documenti avesse inteso mascherare la natura socialista, il nome stesso dell'URss rappresenterebbe un ostacolo a tale falsificazione storica. Se si ritrovasse una cartina geografica in cui l'URss fosse definita in tal modo, sarebbe legittimo sospettare una falsificazione, o della cartina o dell'intera sottrazione di tutta la documentazione comprovante il contrario di quello che si è voluto far credere.
Qualcosa del genere sembra essere successo con i documenti dei primi decenni del cristianesimo. Infatti i ritrovamenti di Qumran pongono la questione degli Esseni sotto una luce affatto diversa da quanto si riteneva prima. Come Eisenman e Wise notano (11), se i rotoli del mar morto sono la biblioteca di una comunità di Esseni, il concetto stesso di Essene deve essere rivisto. La cronaca di Giuseppe Flavio sulla caduta di Masada viene ad essere interpretata in modo assai più verosimile e convincente se si comprende che gli Esseni appaiono essere parte integrante del movimento degli Zeloti e della rivolta contro i Romani, e così pure necessariamente il gruppo dei seguaci di Gesù che, dopo la sua morte in croce, fa capo a Giacomo il Giusto, fratello di Gesù. E' pur vero che Giacomo viene fatto assassinare dal sinedrio nel 62, ma è impossibile che in otto anni (Gerusalemme cade nel 70) il gruppo sia scomparso senza lasciare traccia. Il termine ebraico Ebon (i poveri) sembra designasse i membri della Comunità dei seguaci di Gesù, la Comunità guidata da Giacomo il Giusto. ora questo termine passa a designare una setta -gli Eboniti- e, nel giro di un secolo o poco più, una setta eretica. Perché dare la qualifica di setta a un gruppo scomparso, e soprattutto perché ritenerla eretica?
Se la interpretazione di Eisenman e Wise è corretta, la Comunità dei Poveri di Giacomo, gli Zeloti, gli Esseni, molti sadducei, la setta della Nuova Alleanza di Qumran, appaiono essere le componenti della rivolta culturale, religiosa e militare contro la dominazione Romana, i suoi idoli, le sue leggi, e contro i collaborazionisti ebrei di tale dominazione. La crocifissione di Gesù, intorno al 30, appare come uno degli episodi di questa rivolta. Uno dei suoi capi, o comunque ritenuto tale, viene crocifisso insieme ad altri due. A parte la nota questione del perché mai i Romani avrebbero dovuto crocifiggere Gesù per i crimini religiosi imputatigli dal sinedrio, c'è anche la storia del termine lestai che viene tradotto nei vangeli latini con 'ladroni' quando la sua traduzione è invece 'sovversivi' .La crocifissione era una pena comminata dai Romani ai sovversivi contro l'autorità Romana, e sembra perlomeno strano che venga comminata a dei criminali comuni rei di delitti comuni in territori dove esisteva una autorità locale.
Ma ammettiamo pure che Ponzio Pilato in quel periodo ritenesse di dover usare la mano di ferro, come testimonia Giuseppe Flavio, anche contro i criminali comuni e coloro che si ponevano in contrasto coll'autorità religiosa del sinedrio. Il successivo svolgersi degli eventi testimonia che la furia dei rivoltosi si scatenerà contro il sinedrio e i sacerdoti: questi vengono massacrati, per primo il Sommo sacerdote Anania, nel 66, e poi il Sommo Sacerdote Anano, nel 68. Proprio Anano aveva fatto assassinare Giacomo il Giusto, fratello di Gesù, nel 62. Come si può ritenere che Gesù e i suoi seguaci fossero estranei alla rivolta contro i Romani?
Giacomo viene identificato come sadduceo, se l'interpretazione di alcuni testi di Qumran è corretta. Sadducei ed Esseni di Qumran credono nella resurrezione, sono violentemente contrari ai Gentili, termine con il quale essi intenderebbero anche i membri della famiglia di Erode e, presumibilmente, anche gli arabi-idumei da cui tale famiglia proveniva. Ma di nuovo i conti non tornano dato che, secondo lo storico Giuseppe Flavio, parte almeno degli idumei è a fianco degli Zeloti che occupano il tempio e Gerusalemme uccidendo Anano nel 68.
Ma Giuseppe Flavio è tutt'altro che attendibile al riguardo, visto che è passato dalla parte dei Romani, e potrebbe avere interesse a mostrare le contraddizioni interne in materia di ortodossia religiosa del partito degli Zeloti. Senza contare le implicazioni sociali della rivolta come p. es. la distruzione, nel 66, dei certificati di debito che erano tenuti nel Tempio, le istanze per l'abolizione della schiavitù attribuite al capo Zelota Simone di Gerasa e ai 'briganti' di Masada, come li chiama Giuseppe Flavio.
Giuseppe era del clan degli Asmonei, era di stirpe sacerdotale e lui stesso sacerdote, e dopo essere stato Sadduceo ed Esseno, aveva scelto di essere Fariseo. Prende parte attiva alla guerra contro i Romani fino al 66 quando, essendo stato fatto prigioniero, offre i suoi servigi al nemico, 'convertendosi' alla causa di Vespasiano e della dinastia dei Flavii, da cui prenderà il nome come loro liberto.

Passiamo ora a Paolo e alla sua 'conversione' : negli Atti degli Apostoli Paolo, che è un Fariseo, compare come un giovane, testimone e consenziente all'uccisione di Stefano. Saremmo nel 33 o 34. Subito a seguire Paolo è descritto come una specie di agente con poteri speciali che, a nome del Sinedrio, perseguita i seguaci di Gesù, in tutta la Giudea, e financo a Damasco dove si sta recando colla sua scorta quando gli appare Gesù.
Senza mettere in dubbio l'apparizione per ora, è da notare che Ponzio Pilato termina il suo mandato nel 37, e che in quell'anno la Giudea torna indipendente sotto il governo di Marco Giulio Agrippa I, della famiglia di Erode, per volere del neoimperatore Caligola. Tuttavia è solo nel 41 che Agrippa riceve pieni poteri dall'imperatore Claudio, ed anzi Caligola manda contro Gerusalemme il governatore della Siria P. Petronio con tre legioni, nell'anno 40. Il motivo è descritto da Giuseppe Flavio: doveva introdurre le statue dell'imperatore nel Tempio, e se i Giudei si fossero opposti doveva massacrarli e ridurli in schiavitù. Non entriamo nel merito della presunta follia di Caligola, ma sta di fatto che Petronio, probabilmente consapevole che alcuni suoi colleghi si preparano a fare la festa a Caligola, prende tempo e attende. Caligola è fatto fuori e Agrippa, casualmente a Roma, ottiene da Claudio imperatore il regno e piena potestà su Gerusalemme e la Giudea.
E' solo a questo punto che è verosimile che Paolo, anche più maturo d'età, riceva poteri di polizia giudiziaria e li eserciti in patria e all'estero. Gli Atti appaiono rimaneggiati in modo incongruente e confuso, il capitolo 9 è evidentemente legato al capitolo 13, dove la narrazione riprende a parlare di Paolo. Il capitolo 12 si conclude colla morte del re Agrippa I, colpito da un angelo del Signore, nel 44.
Giacomo il Giusto si ritirerebbe nel deserto (12) ed è a questo punto che si può logicamente collocare la 'conversione' di Paolo. Pertanto tale 'conversione' avverrebbe nel 44, all'indomani della morte di Agrippa I e del termine del periodo di indipendenza. Infatti Claudio imperatore riconverte la Giudea in provincia e nomina governatore C. Cuspio Fado, ufficialmente perché il figlio di Agrippa era troppo giovane. Sia come non sia, riprendono i disordini e vere e proprie sollevazioni popolari come negli anni 30. Non è azzardato ritenere che Paolo lavorasse per il legittimo governo della Giudea per reprimere il movimento Zelota con i suoi alleati. E che, quando i Romani riprendono il controllo diretto della situazione che probabilmente stava sfuggendo di mano, Paolo si ritrovi non più al servizio del partito fariseo ma di stranieri e che quindi ritenga opportuno avere una visione: togliersi dalla politica e ritornare alla religione. Non sarà stato facile per i farisei, difensori a oltranza della legge mosaica, trovarsi nel mezzo dello scontro incipiente tra Romani e Giudei. Molti di loro avranno pensato bene di aderire, quanto meno a parole, alla rivolta che si sta organizzando. Questo potrebbe valere anche per parte degli idumei, che troviamo insieme agli zeloti nella occupazione del Tempio nel 68.
Quanto a Paolo, non poteva certo aderire politicamente al movimento, visti i suoi precedenti filo-romani. Una conversione religiosa, e soprattutto un allontanamento da Gerusalemme, appaiono quanto mai opportuni. Si deve notare infatti che la conversione avviene in Siria e che Paolo non sente il bisogno di andare subito a Gerusalemme per parlare con i dodici, ma inizia direttamente la sua predicazione. Nella lettera ai Galati Paolo spiega che si recò a Gerusalemme rispettivamente tre anni e poi di nuovo quattordici anni dopo la conversione. Siccome Paolo era certamente in Palestina ancora nel 61, i conti sono presto fatti. (13)
Negli Atti si dice che dopo la prima venuta Paolo fu invitato a starsene buono a Tarso. Paolo inizierebbe nel 44-45 i suoi viaggi da Tarso verso tutta l'Asia Minore e la Grecia, ed è in questo periodo che nasce per la prima volta il termine 'cristiano' per definire i seguaci di Gesù. (Atti, 11,25) Se l'attività missionaria di Paolo inizia nel 44-45, subito dopo la morte di Agrippa I, perché ante datare di dieci anni la sua conversione, se non per mascherare il fatto che è avvenuta dopo la morte di Agrippa, cioè dopo il 44?
Alla comunità dei seguaci di Gesù giunge voce di questa intensa attività di Paolo all'estero, e il neo convertito viene richiamato a Gerusalemme in due occasioni (Atti, 15,2 e 21,15). Notevole che in Atti 21,4 alcuni proseliti, mossi dallo spirito del Signore, consigliano a Paolo di non andare a Gerusalemme. I due viaggi possono essere benissimo uno solo: gli argomenti appaiono gli stessi e il racconto ripetitivo. Comunque ci possiamo immaginare la discussione: Paolo parla di giustificazione tramite la fede e non solo tramite il rispetto della legge, ("se la giustificazione avvenisse solo per tramite della legge allora Gesù è morto invano" dirà nella lettera ai Galati). Nella cosiddetta lettera di Giacomo questa tesi è puntualmente contrastata ("chi non rispetta un solo punto della legge infrange tutta la legge") . Ma, nel clima pre-rivoluzionario di quegli anni a Gerusalemme, è inimmaginabile che non sia stata posta la questione, indipendente da contrasti teologici, di come porsi rispetto alle truppe romane di occupazione. Ci possiamo immaginare la scena: Paolo strilla a proposito della giustificazione attraverso la fede e non attraverso le opere della Legge, e Giacomo sospira stancamente e dice "si Paolo, va bene, ma con i Romani come la mettiamo?". Anche qui abbiamo una possibile testimonianza del pensiero Paolino: anni più tardi scriverà, parlando degli ebrei di Gerusalemme ". ..la loro caduta è stata un arricchimento per il mondo .io sono apostolo dei Gentili... .la loro riprovazione fu riconciliazione del mondo. ." (Romani 11,12) .
Comunque, dopo il secondo richiamo, a Paolo viene imposto di fare autocritica e purificarsi nel tempio. Non è chiaro cosa succede, presumibilmente i vecchi padroni di Paolo non gli perdonano il volta gabbana e lo fanno arrestare coll'accusa di sovversione. Qui il racconto degli atti sembra replicare la passione e morte di Gesù, ma con importanti differenze. Detenuto dalle autorità romane al contrario di Gesù Paolo evita la fustigazione dichiarandosi cittadino romano. Davanti al Sinedrio inveisce contro l'empietà di un sacerdote che ha dato ordine di colpirlo sulla bocca, ma quando si rende conto che è il sommo sacerdote Anania si scusa prontamente "..non sapevo fratelli che fosse il sommo sacerdote, perché sta scritto: Non parlerai male del capo del tuo popolo. ." e subito dopo ". .saputo che una parte dei presenti erano sadducei e l'altra farisei, gridò nel sinedrio 'Fratelli io sono fariseo, figlio di farisei e vengo giudicato a motivo della speranza e della resurrezione dei morti'. Come ebbe detto ciò sorse un diverbio tra farisei e sadducei. ..." (Atti, 23,6).
Tradotto davanti al procuratore romano, si guarda bene dal fare discorsi strani tipo "che cos'è la verità" e dichiara subito la propria fede: ". .non mi hanno trovato a discorrere con alcuno o a fare sollevazioni di folla né nel tempio, né nelle sinagoghe, né per la città. A motivo della resurrezione dei morti io oggi sono giudicato al vostro cospetto".
Riuscirà a farla franca, viene spedito a Roma, nel 61, dove potrà continuare a mettere in piedi l'organizzazione del suo partito guardandosi bene dal rimettere mai più piede a Gerusalemme. In questi termini la sua scelta di prediligere i gentili, cioè i non ebrei, acquista un altro preciso significato. Non pare plausibile che, rotti i ponti con tutte le componenti ebraiche, solo motivi di fede gli impongano di rivolgersi ai non ebrei. Probabilmente più tardi, magari dopo la morte di Giacomo il Giusto, nel 62, o più in là ancora, dopo il 70, saranno gli ebrei in esilio che avranno bisogno dell'organizzazione creata da Paolo, ed è possibile che l'apostolo, se ancora vivo, li abbia magnanimamente accolti, in particolare dopo la caduta di Gerusalemme quando della corrente originaria dei seguaci di Gesù si perde ogni traccia. Ovvero gentili può avere avuto il significato che ha nei testi di Qumran, cioè di ebrei non puri, non ortodossi, come potevano essere considerati gli ebrei fuori dalla Palestina.

Paolo si è sottratto all'autorità di Giacomo, erede del potere di Gesù, invocando di avere visto direttamente Gesù, e di avere ricevuto da lui l'indicazione a portare la buona novella tra i gentili. Come abbiamo richiamato sopra a proposito della gnosi, gli gnostici, che riconoscevano in Paolo il loro capostipite, un secolo più tardi tenteranno di riutilizzare in modo organico la stessa metodologia, invocheranno una rivelazione diretta e personale disconoscendo l'autorità della chiesa cattolica. Ma come abbiamo visto gli andrà male.
E' una ricostruzione fantasiosa e insostanziata? Può darsi, ma la versione ufficiale è non meno fantasiosa: Paolo vede Gesù in una nube di luce, e più di una volta, e rivendica che da Gesù direttamente ha avuto incarico di portare il messaggio ai Gentili. Sarà Romano per i Romani, Fariseo per i Farisei, Ebreo per gli Ebrei, davanti al Sinedrio si dichiara rispettoso della legge ma nell'organizzazione da lui creata ne dichiarerà l'assoluta insufficienza (e perché non ha sostenuto questa tesi davanti al sinedrio invece che buttarla sulla resurrezione?).
Ma c'è dell'altro: perché è stato sostenuto che gli Esseni non credevano nella resurrezione? e perché si sostiene che i Sadducei non credevano nella resurrezione? Non è forse un alibi per giustificare l'impossibilità dell'appartenenza al movimento zelota dei primi seguaci di Gesù? La comunità di Qumran era un gruppo di fanatici xenofobi, è comprensibile l'orrore dei Domenicani di vederla identificare con la comunità della primitiva chiesa di Gerusalemme. Non solo, ma le falsificazioni dei vangeli appaiono fin dall'origine volte a cancellare ogni possibile identificazione del gruppo dei seguaci di Gesù con il movimento degli Zeloti, dei Sicari, dei Maccabei, dei Sadducei, degli Esseni. La ragione ufficiale sarebbe il desiderio di presentare a Roma, al pubblico romano, una religione che non apparisse anti romana nelle sue radici.
Elaine Pagel ha notato come il dogma della resurrezione sia centrale al fine di stabilire l'ortodossia della grande chiesa rispetto all'eresia gnostica, ed è proprio la resurrezione in nome della quale Paolo ha costruito la sua chiesa, e di cui in pratica lui si proclama unico interprete. Si capisce il senso della definizione data di Paolo (tristo ingannatore) che un tardo maestro gnostico ci ha lasciato: denuncia di una strumentale utilizzazione di una questione di fede per costruire un potere personale terreno. Certo Paolo si sarà reso conto di avere a che fare con un gruppo di teste calde, folli nel loro fanatismo, ma allora perché non continuare coerentemente a perseguitarli? Insomma la questione centrale è una sola: Gesù è apparso veramente a Paolo sulla strada di Damasco oppure la folgorazione è da intendersi nel significato contemporaneo dell'espressione, che viene usata comunemente per definire chi improvvisamente cambia idea, partito, programma politico, per ragioni molto dubbie?
 
 
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