ALTRI UOMINI ILLUSTRI DI CAMPLI
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Attraverso un logico accostamento alle Famiglie de' Maccabei e de' Sabadei, ritenuti di origine ebraica per i motivi già descritti, appare opportuno estrapolare dal Palma alcuni nomi di uomini illustri che, per considerazioni varie, possono avere avuto rapporti, tra il XV ed il XVI secolo, con le comunità ebraiche camplesi; in modo particolare, Camilla Porzj e Pasquale Riccio (ricordato dai cronisti storici napoletani come Pasquale di Campli).
Interessano inoltre, poiché richiamati nelle biografie della Porzi e del Riccio (o Ricci), anche Andrea Fumi, Falamesca De Montibus e Giacomo De Turdis.

CAMILLA PORZJ - Tra i personaggi illustri ricordati dal Palma, Camilla Porzj, per cultura e conoscenza delle lingue, è la più vicina agli ebrei.
Vergine letteratissima, come la definisce il Toppi, che in tutte le lingue discorreva prontamente, con ammiratione d'ognuno, e particolarmente nella Greca, Latina et Ebraica.
Giosia Acquaviva, Duca d'Atri, ricorreva a lei per chiedere pareri e, per quanto si sa delle usanze ed esigenze di quell'epoca, probabilmente per tradurre nelle tre lingue in cui eccelleva, la corrispondenza diplomatica e gli atti del suo governo.
Fiorì, come si suoI dire, nell'intervallo del ducato di Giosia (1429-1462). Antonio Bonfini, letterato ascolano, aggiunge che spesso, la gente dei paesi limitrofi l'avvicinava con religiosa pietà e lei, comultata, rispondeva in greco, in latino e in ebraico e, interrogata, dava responsi su ogni genere di disciplina con somma sapienza. (98)
Non appare confacente al grado di cultura della Camilla Porzj, l'affermazione del Toppi, secondo il quale Giosia Acquaviva si rivolgeva a lei come ad un Oracolo. Questo termine viene usato spesso dal Palma e probabilmente il Bonfini lo riferisce, in termini positivi, alla puntualità delle risposte.
Più aderente alla realtà storica appare l'affermazione del Bonfini nel concludere che, consultata, rispondeva indifferentemente nelle tre lingue dando responsi su ogni genere di disciplina con somma sapienza. Verosimilmente era un'esperta traduttrice specie se collegata, la sua attività, all'esigenza di quel periodo di tradurre in latino gli atti di compra-vendita, dei prestiti, delle costituzioni di Società, degli strumenti dotali ecc. redatti originariamente in ebraico nelle piazze ove operavano gli ebrei.
Gli atti esibiti in giudizio, annota il Ferorelli, se scritti in ebraico, venivano 'per dui experti judei' traducti in latino. (99)
Poteva essere, questa vergine letteratissima, una di quegli experti judei?
Tutto lo lascia pensare, essendo Campli una città i cui mercanti operavano in stretto contatto con i mercanti di Lanciano.
A Lanciano i mercanti ebrei erano assistiti da decine di notai, che procedevano alla stesura di atti di compravendita, scambi, fedi di credito, impegni finanziari ecc.
Ma anche a Campli vi erano numerosi Notai. Qui, sia perché vi operava una compagnia di prestatori e forse più di una e sia perché vi aveva sede una forte corporazione di lanaioli, che intrattenevano rapporti anche con mercanti forestieri, venivano richiesti atti formali che, se redatti in ebraico, dovevano essere tradotti, in caso di necessità, da experti judei in latino (se scritti in latino, dovevano invece essere tradotti, con le medesime formalità, in ebraico). Erano atti che richiedevano l'intervento di Notai e di traduttori ed a ben vedere i primi non difettavano e, a quanto pare, neanche gli altri indipendentemente dal fatto che il Palma abbia menzionato, in forma indiretta solo Camilla Porzj .
Di essa si racconta che avesse avuto, in dono da Dio, in cambio della sua verginità, la facoltà di parlare agevolmente tutte le lingue.
Rimanendo con i piedi per terra ed interpretando con realismo le esigenze di quel periodo, appare più logico pensare che la vergine letteratissima fosse uscita da una di quelle scuole di lingua ebraica, ove con l'ebraico si insegnavano anche il greco ed il latino, oppure da quella scuola di lingua latina nella quale forse si insegnavano anche le altre due lingue: la greca e l' ebraica.
Così, come ricordata dal Bonfini, la Porzj da sempre destinata al servizio di Dio al punto che sin dalla tenera età spontaneamente si unì al tempio di Dio con un inaccessibile tramite. Alfine la madre, nulla potendo fare per opporsi alla volontà della vergine, l'aveva rinchiusa in una segreta, dove... pur conducendo di buon animo un'esistenza difficile ebbe, come è stato detto, il dono di parlare agevolmente tutte le lingue. (100)
Blindata (ma non tanto) in questa nicchia, la giovane Camilla appare come una vergine monacale ed è difficile pensare ad una suora ebrea, a meno che la sua famiglia non appartenesse a quella categoria di ebrei convertiti.
Non è azzardata l'ipotesi che la fanciulla fosse discendente di una ricca famiglia che, praticando certe nobili tradizioni, ne avesse favorito la vocazione rinchiudendola in quella segreta nella quale, a quanto pare, godeva di una certa libertà potendo avere contatti e frequentazioni esterne.
Non è detto che essa non avesse studiato in una di quelle pubbliche scuole di lingua latina.

A Campli ce n' era una, come ricordava Andrea Fumi, altro illustre e colto camplese .
Quando a Campli non erano ancora spente le manifatture dei panni, da un misero "cimatore": nel quartiere di CasteInuovo nacque Andrea il quale ...racconta[va] ...che tornando affamato in casa dalla pubblica scuola di lingua latina...(101).
Andrea Fumi non era coevo di Camilla Porzj, essendo nato nella seconda metà del XVII secolo, ma quella pubblica scuola di lingua latina, poteva essere la contrapposizione di altra scuola, non pubblica, di lingua ebraica, ovvero la continuazione di quella pubblica esistente e perpetuatasi coerentemente con la presenza in Campli di una Curia vescovile (1600 -1818).
La letteratissima Camilla Porzj ed il fatto che Campli ha dato molti uomini illustri, lascia agevolmente intendere che l'apprendimento rientrava nelle tradizioni culturali camplesi, tanto è vero che nel 1592 i tipografi teramani Fratelli Facii o Fazj vi trasferirono la loro tipografia.
Non si può essere d'accordo con Pancrazio Palma laddove afferma che i Facii non poterono però sussistere... in quel paese, più feconda di manifattori che di letterati e che quindi in seguito si ridussero in Chieti ove risiedeva la regia udienza che dava ad essi lavoro. (102)
Se ciò fosse vero, la scelta di Campli, rispetto alla precedente residenza di Teramo dimostrerebbe, quanto meno, una prevalenza di letterati rispetto a Teramo.
E' vero invece che la scelta di Campli venne facilitata dal Comune, i cui reggitori nulla tralasciavano per rendere la loro città commercialmente e culturalmente di più elevato livello. Non va dimenticato che in quel periodo gli amministratori camplesi, oltre ad assicurare ai Fratelli Facii ...casa ed un annua previsione di ducati 30, avevano confermato la scelta di Falamesca De Montibus, quale maestro di scuola, con l'annuo stipendio di 72 ducati.
Sicuramente i Fratelli Facii si ridussero a Chieti perché c'era quella regia udienza che dava ad essi [maggior] lavoro rispetto alla intellettualità camplese.
Una scelta imprenditoriale nel senso che la regia udienza avrebbe assicurato un'attività continuativa a carattere industriale, come si direbbe oggi.
Fra i coevi della Porzj, basta ricordare quel Giacomo De Turdis da Campli, Vescovo di Atri e di Penne e quindi di Spoleto, mandato da Papa Martino V come suo legato, a Pavia ad inaugurare il Concilio del 1423, e successivamente il Concilio di Siena avendo già preso parte al Concilio di Costanza nel 1415.
Ma più importante fu quel Pasquale Riccio (o Ricci) che nel 1416 divenne Segretario di Stato (Gran Siniscalco?) sotto la Regina Giovanna II.

 
PASQUALE DI CAMPLI - Questo nome viene così riportato perché tale risulta dagli atti utilizzati dal Sorricchio (103) nel descrivere gli avvenimenti del regno di Giovanna II di Durazzo (1414-1435) ed in particolare del vassallato del Duca Pier Bonifacio d'Acquaviva prima e del di lui fratello Giosia, in relazione al dominio di Braccio da Montone ed alla investitura del regno di Luigi III d'Angiò ad opera del Papa Martino.
Fatti abbastanza confusi e sui quali la Regina Giovanna II tentò inutili rimedi.
Racconta il Sorricchio: Questi fatti che si compivano a Firenze, dove il papa risiedeva, allorché si seppero nel regno, sollevarono gli animi dei partigiani angioini che cominciarono nuovamente a cospirare. Una ambasceria di quattro legati, nella quale erano due abruzzesi, Francesco di Ortona e Pasquale di Campli fu inutilmente spedita dalla regina a Firenze dal Papa. Muzio Attendolo Sforza, a capo delle sue genti rinforzate, s'incamminava alla volta di Napoli [...l. La regina Giovanna, così minacciata, spediva Carafa Malizia con altri tre ed il nostro Pasquale di Campli ad Alfonso d'Aragona, per offrire a questi la successione nel regno ed ottenerne gli aiuti. 
L'ambasceria imbarcatasi a Napoli alla fine di Luglio 1420 approdò in Corsica dove era re Alfonso, che dopo qualche difficoltà del suo consiglio, ambiziosissimo quale era, tutto accettò apparecchiandosi alla difesa del regno, e spedendo all'uopo le sue galee in Sicilia.
Con queste andò Malizia, mentre Pasquale di Campli partiva per Napoli con la galea napoletana per recare la buona nuova alla regina. Ma questi, sbarcato a Civitavecchia, fu fatto prigioniero dalle galee provenzali di re Luigi, che intercettò le missive di re Alfonso, dalle quali apprese quanto con questi si era combinato. (104)
Inutile descrivere ciò che avvenne, concludendosi le varie battaglie con l'inversione dell'adozione da Alfonso d' Aragona a Luigi III d'Angiò, sicché gli angioini divennero amici e gli aragonesi nemici della regina.
Ma questo non interessa, avendo lasciato Pasquale di Campli prigioniero nel porto di Civitavecchia e ritrovato, poscia, in servigi di ambasceria a favore della sovrana, fino alla morte di costei.
...I'apprendimento rientrava nelle tradizioni culturali camplesi, tanto è vero che nel 1592 i tipografi teramani Fratelli Facii (o Fazj) vi trasferirono fa loro tipografia... 
Tav. 64 / Stampatore CXXIX -Xilografia di Jost Amman (De omnibus illiberalibus sive mechanicisecc. ecc.) tratta da T.Garzoni, opera citata, Firenze, Olschki Editore , 1996.

Era dunque questo Pasquale il famoso Pasquale Riccio che il Palma onora fra gli uomini più illustri di Campli?
Egli non aveva cognome, dice, ma lo desunse dal padre Riccio di Antonello di Leonardo di Campli e propriamente del quartiere Nocella.
Non è detto che il Pasquale Riccio, per il fatto di non avere un 
cognome e di essere individuato dal nome della città di provenienza, dovesse necessariamente appartenere a famiglia ebrea, tuttavia non può affermarsi, con altrettanta sicurezza, il contrario.
Induce a crederlo la circostanza che il cognome Di Campli, come è stato detto, è largamente diffuso a Lanciano, città di residenza di numerosi ebrei e frequentata assiduamente dai mercanti, fino ad acquisirla come stabile dimora.
Questo Pasquale di Campli, dunque, poteva essere un ebreo che insinuatosi mercè, non comune talento, nella grazia di Ladislao... altrettanta ...fortuna incontrò con Giovanna II poiché, in prima dichiarato venne Notaio della stessa cancelleria..., ai 4 Gennaio 1416, Segretario di stato.
Un particolare che lascia riflettere e insinuare qualche legittimo dubbio.
È vero, egli non aveva un cognome ma lo desunse dal padre Riccio di Antonello di Leonardo di Campli e propriamente del quartiere Nocella ed è altrettanto vero che Capua lo elesse suo Governatore con patente del 29 Marzo 1435 diretta «al nobile ed egregio Pasquale da Campli, già segretario della Serenissima Maestà di preclara memoria».
Protetto dalla serenissima Giovanna II, dalla quale ottenne benefici anche personali, alla morte di costei, perso il prestigio della sua posizione, si dimise dalla carica di Governatore di Capua e si ridusse definitivamente in Campli, ove teneva confinata la moglie Margarita.
La vita coniugale di Pasquale Riccio non era adamantina posto che, nel suo periodo di massimo splendore, viveva a Napoli in concubinato con Fabrizia Marini Napolitana.
È curiosa la coincidenza con la nobile e potente famiglia Ricci (o Riccio o di Riccio) di Lanciano nel cui seno vi fu un Pippo Ricci, «potente a corte e favorito dalla Regina Giovanna II» ed un Pietro Ricci, gran Siniscalco del Regno che, per la sua posizione ottenne notevoli benefici in favore della sua città. (105)
Altri importanti compiti erano stati affidati a Pasquale di Campli, come quello di assistere in qualità di Oratore al Concilio di Costanza, ove trovò un altro camplese nella persona del Vescovo di Spoleto, Giacomo De Turdis. Questo conferma la giusta rilevanza accordatagli dal Palma e dimostra come, al raggiungimento di così elevate posizioni di prestigio e di responsabilità, doveva necessariamente concorrere una formazione culturale non comune.
È lecito perciò supporre che non esistesse soltanto la pubblica scuola ricordata da Andrea Fumi, ma altre ve ne fossero, data la presenza di una discreta colonia di ricchi mercanti ebrei.
Non può escludersi, infatti, l'esistenza di un'analoga scuola ebraica, quanto meno di ispirazione religiosa, nei pressi del ricetto o giudecca camplese.