Uno dei problemi di maggiore
importanza per un amministratore locale consiste nel conciliare la lotta
contro il fanatismo, la superstizione religiosa, il tribalismo
etnico o confessionale, l'intolleranza e la sopraffazione, l'ingiustizia
giuridica e sociale, con la decisione riguardante il problema se
la linea A o F o 17 dell'autobus o del filobus debba passare
per via Dante o per piazza Tricolore.
L'idealismo politico, inteso
nel suo senso migliore, non è di molto aiuto per i politici idealisti
alle prese con questioni pratiche. Anche il principio tanto in voga, di
agire per la gente e a stretto contatto con la gente non è fonte
di risposte immediate e chiare. Allora che fare?
La situazione è poi
complicata dal fatto che alcuni politici disonesti (cioè quelli
cha fanno politica solo per rubare) talora prendono delle decisioni utili
e financo giuste. E per converso politici onesti talora, o spesso, prendono
delle decisioni sciocche. Il fatto è che i politici disonesti tengono
in moltissimo conto quanti voti porterà a loro o al loro partito
il far passare l'autobus in piazza Tricolore piuttosto che in via Dante.
In questo paradossalmente può capitare che essi facciano maggiormente
gli interessi della gente di quanti invece decidono i percorsi sulla base
di un idealistico assetto della città scelto in base a un puro e
onesto programma politico.
Il percorso dei trasporti
pubblici, emblematicamente preso come uno dei tanti esempi possibili di
problematiche della convivenza sociale, dovrebbe essere deciso da chi li
usa o, dove non c'è accordo possibile, dalla maggioranza di chi
li usa. Si tratta di una decisione in cui, per lo più, la politica
c'entra poco, e il politico disonesto l'apprende all'unico scopo di prendere
i voti che egli ritiene ad essa correlati. Il far rilevare che tale decisione
in generale non spetta gli amministratori locali equivale a sottrarre l'unica
o la più importante ragion d'essere del politico disonesto. Egli
quindi combatterà con tutti mezzi e con tutta l'asprezza di cui
è capace chiunque intenda sottrargli tale potere decisionale: è
il gioco infatti da sua sopravvivenza. Il non capire questo meccanismo
della politica locale significa perdere in partenza la lotta contro la
disonestà politica. Ritrovarsi a discutere, prendere parte per via
Dante o piazza tricolore, è avere già perso. Può darsi
ovviamente che l'uno o l'altro percorso siano genuinamente alternativi
tra un modo di concepire la società e un altro: il politico intelligente
distinguerà tra veri o presunti problemi sociali, e questo è
un aspetto della nobiltà della politica.
Ma la distinzione tra politici
onesti e politici disonesti, benché molto popolare, è in
realtà molto fuorviante. A livello locale, come a livello nazionale,
nelle questioni di tutti i giorni come delle grandi occasioni, è
la delinquenza politica che tende prevalere. La disonestà, e politici
disonesti, sono solo aspetti secondari di un grande generale fenomeno di
delinquenza politica. Mentre il politico disonesto agisce per il proprio
tornaconto personale e perlopiù isolatamente, la delinquenza politica
tende ad assumere forme organizzate. La criminalità politica organizzata
è un fenomeno sociale, con una sua tradizione e una sua storia.
I fini sociali della criminalità politica realizzata costituiscono
in effetti la sua ragion d'essere, la sua ragione sociale.
Esistono ponderose opere che
trattano della Repubblica, dello Stato, del contratto sociale, delle leggi
del potere politico. Questo breviario si prefigge, nel limitato quadro
della politica italiana contemporanea, di indicare le origini storiche
filosofiche della criminalità politica. Si tratta di un'ipotesi,
e i riferimenti storici bibliografici sono stati concepiti per stimolare
la curiosità del lettore più che per soddisfarla. Ognuno,
si spera, l'approfondirà a suo modo, se lo riterrà opportuno.
Alcuni fatti della storia passata, malgrado il modo lacunoso con cui sono
stati registrati e/o ci sono pervenuti, sono fatti criminali. Anzi si può
accettare senz'altro l'idea che la storia della nostra civiltà,
com'è stata tramandata, come viene insegnata le nostre scuole, nei
fatti che riporta, e prevalentemente storia del crimine politico organizzato.
Se questo pare esagerato, ognuno potrà rivedere la storia dei fatti
e delle idee alla luce del diritto comune, che non è soggettivo
ma è oggettivamente scritto nelle nostre leggi, e pronunciare il
proprio giudizio.
La trattazione del crimine
sarebbe un puro esercizio esegetico se non fosse accompagnato da almeno
alcune indicazioni su come contrastarlo. Politicamente questo è
oggi un poco più chiaro che nel passato. Se debba ulteriormente
chiarirsi, ciò dipenderà anche dall'attività politica
che, si spera, un numero sempre più grandi persone intraprenderà.
A parte la brevità,
lo stile è quello che è: cose così importanti fanno
solo addormentare se trattate in modo reverenziale e ampolloso. Se la forma
lascerà desiderare, spero che la sostanza sia più digeribile.
È un bigino destinato ai giovani, scritto da un dilettante per dei
dilettanti. Con ciò spero di proteggermi dalle critiche degli specialisti
della materia che, non dubito, avrebbero potuto dire le stesse cose in
modo più appropriato e professionale.
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