Per quanti non avessero già
gettato via il libro, disgustati da tante scempiaggini in così breve
spazio, proveremo a raccontare gli avvenimenti intorno alla nascita di
Cristo secondo l'impostazione della scuola dietrologica. Per far questo
bisogna risalire al II a.C. quando viene fondato il partito Maccabeo per
parte di un movimento nazionalista, militarista e revanscista che fa capo
alla famiglia dei Maccabei, in particolare a Giuda Maccabeo. Per la inestricabile
relazione tra politica, religione e clan che è caratteristica di
quegli avvenimenti, bisognerà tener presente che i Maccabei sono
della famiglia (clan) degli Asmonei. Il padre di Giuda aveva condotto la
rivolta contro le truppe di occupazione siriane di Antioco Epifane, regnante
in uno degli stati formatisi dopo la morte di Alessandro il grande. Questi
Maccabei-Asmonei sono dei re-sacerdoti che condurranno una guerra di conquista
a nord e a est, mirando a ricostituire la "grande israele" che andasse
dalla Galilea al golfo di Acaba. Erano una famiglia regnante i cui membri
erano grandi sacerdoti del Tempio di Gerusalemme, e controllavano pertanto
il Sinedrio. Alleati dei Maccabei-Asmonei erano il partito Sadduceo, che
difendeva gli interessi della nobiltà terriera, e le famiglie sacerdotali
che costituivano la setta dei Sadducei. Secondo una versione sembra che
i Sadducei non credessero in nessuna forma di vita post-mortem e che interpretassero
la Salvezza di cui la Scrittura parlava soprattutto nel senso politico
di salvezza di Israele. (10)
La situazione si destabilizza
quando, intorno al 70 a.C. , il partito Fariseo riesce a prendere la maggioranza
nel Sinedrio appoggiandosi alla setta dei Farisei. Questi ultimi appartenevano
alla piccola borghesia cittadina, si suppone che ne difendessero gli interessi,
e, si dice e si sottolinea, credevano nella resurrezione e nella immortalità
dell'anima. Erano contrari a posizioni belliciste, e pensavano che la Salvezza
derivasse soprattutto dalla stretta osservanza della legge.
Nel frattempo la dinastia
Maccabea-Yannea è divorata da lotte intestine di successione, che
si incastrano con l'arrivo delle truppe di occupazione Romane guidate da
Pompeo. E' un re straniero, Erode il grande (di stirpe per metà
Idumea, cioè Araba), che riesce a impadronirsi del potere nel volgere
di qualche anno, e a conservarlo per più di trent'anni fino alla
morte, poco tempo dopo o prima della nascita di Cristo. Il Sinedrio sta
ovviamente dalla parte del re, e così pure il partito Fariseo.
Abbiamo allora la seguente
coalizione: Erodiani, Farisei e Sinedrio con i Sacerdoti, governatorato
del Procuratore (Prefetto) Romano. All'opposizione troviamo, o dovremmo
trovare, i Sadducei, il partito Maccabeo passato in clandestinità,
la minoranza del Sinedrio.
Dopo la morte di Erode le
acque tornano ad agitarsi. Viene fondato, da Giuda il Galileo, un partito
che ha il programma dichiarato di far sgombrare i Romani e ridare piena
indipendenza alla Palestina, ripristinare la grande Israele, cacciare gli
eredi di Erode il grande, ripristinare lo zelo nell'osservanza della legge:
si tratta del partito degli Zeloti.
Accanto agli Zeloti è
necessario parlare degli Esseni, ma qui il terreno è più
infido. A causa delle grandi falsificazioni operate sugli scritti degli
albori del Cristianesimo, una definizione degli Esseni è già
uno schieramento politico e ideologico. Tutto ciò è dovuto
alla scarsità dei documenti in nostro possesso; si pensi se, tra
qualche secolo o millennio, del leninismo fossero sopravvissuti solo i
documenti diciamo del periodo della NEP. Uno avrebbe una opinione perlomeno
distorta del marxismo-leninismo, e sarebbe legittimo il sospettare che
tutta l'altra documentazione non sia sparita per caso, ma al contrario
per una attenta distruzione selettiva dei documenti comprovanti un diverso
atteggiamento nei confronti del mercato e dell'economia in generale. Se
chi avesse operato una tale falsificazione dei documenti avesse inteso
mascherare la natura socialista, il nome stesso dell'URss rappresenterebbe
un ostacolo a tale falsificazione storica. Se si ritrovasse una cartina
geografica in cui l'URss fosse definita in tal modo, sarebbe legittimo
sospettare una falsificazione, o della cartina o dell'intera sottrazione
di tutta la documentazione comprovante il contrario di quello che si è
voluto far credere.
Qualcosa del genere sembra
essere successo con i documenti dei primi decenni del cristianesimo. Infatti
i ritrovamenti di Qumran pongono la questione degli Esseni sotto una luce
affatto diversa da quanto si riteneva prima. Come Eisenman e Wise notano
(11),
se i rotoli del mar morto sono la biblioteca di una comunità di
Esseni, il concetto stesso di Essene deve essere rivisto. La cronaca di
Giuseppe Flavio sulla caduta di Masada viene ad essere interpretata in
modo assai più verosimile e convincente se si comprende che gli
Esseni appaiono essere parte integrante del movimento degli Zeloti e della
rivolta contro i Romani, e così pure necessariamente il gruppo dei
seguaci di Gesù che, dopo la sua morte in croce, fa capo a Giacomo
il Giusto, fratello di Gesù. E' pur vero che Giacomo viene fatto
assassinare dal sinedrio nel 62, ma è impossibile che in otto anni
(Gerusalemme cade nel 70) il gruppo sia scomparso senza lasciare traccia.
Il termine ebraico Ebon (i poveri) sembra designasse i membri della Comunità
dei seguaci di Gesù, la Comunità guidata da Giacomo il Giusto.
ora questo termine passa a designare una setta -gli Eboniti- e, nel giro
di un secolo o poco più, una setta eretica. Perché dare la
qualifica di setta a un gruppo scomparso, e soprattutto perché ritenerla
eretica?
Se la interpretazione di Eisenman
e Wise è corretta, la Comunità dei Poveri di Giacomo, gli
Zeloti, gli Esseni, molti sadducei, la setta della Nuova Alleanza di Qumran,
appaiono essere le componenti della rivolta culturale, religiosa e militare
contro la dominazione Romana, i suoi idoli, le sue leggi, e contro i collaborazionisti
ebrei di tale dominazione. La crocifissione di Gesù, intorno al
30, appare come uno degli episodi di questa rivolta. Uno dei suoi capi,
o comunque ritenuto tale, viene crocifisso insieme ad altri due. A parte
la nota questione del perché mai i Romani avrebbero dovuto crocifiggere
Gesù per i crimini religiosi imputatigli dal sinedrio, c'è
anche la storia del termine lestai che viene tradotto nei vangeli
latini con 'ladroni' quando la sua traduzione è invece 'sovversivi'
.La crocifissione era una pena comminata dai Romani ai sovversivi contro
l'autorità Romana, e sembra perlomeno strano che venga comminata
a dei criminali comuni rei di delitti comuni in territori dove esisteva
una autorità locale.
Ma ammettiamo pure che Ponzio
Pilato in quel periodo ritenesse di dover usare la mano di ferro, come
testimonia Giuseppe Flavio, anche contro i criminali comuni e coloro che
si ponevano in contrasto coll'autorità religiosa del sinedrio. Il
successivo svolgersi degli eventi testimonia che la furia dei rivoltosi
si scatenerà contro il sinedrio e i sacerdoti: questi vengono massacrati,
per primo il Sommo sacerdote Anania, nel 66, e poi il Sommo Sacerdote Anano,
nel 68. Proprio Anano aveva fatto assassinare Giacomo il Giusto, fratello
di Gesù, nel 62. Come si può ritenere che Gesù e i
suoi seguaci fossero estranei alla rivolta contro i Romani?
Giacomo viene identificato
come sadduceo, se l'interpretazione di alcuni testi di Qumran è
corretta. Sadducei ed Esseni di Qumran credono nella resurrezione, sono
violentemente contrari ai Gentili, termine con il quale essi intenderebbero
anche i membri della famiglia di Erode e, presumibilmente, anche gli arabi-idumei
da cui tale famiglia proveniva. Ma di nuovo i conti non tornano dato che,
secondo lo storico Giuseppe Flavio, parte almeno degli idumei è
a fianco degli Zeloti che occupano il tempio e Gerusalemme uccidendo Anano
nel 68.
Ma Giuseppe Flavio è
tutt'altro che attendibile al riguardo, visto che è passato dalla
parte dei Romani, e potrebbe avere interesse a mostrare le contraddizioni
interne in materia di ortodossia religiosa del partito degli Zeloti. Senza
contare le implicazioni sociali della rivolta come p. es. la distruzione,
nel 66, dei certificati di debito che erano tenuti nel Tempio, le istanze
per l'abolizione della schiavitù attribuite al capo Zelota Simone
di Gerasa e ai 'briganti' di Masada, come li chiama Giuseppe Flavio.
Giuseppe era del clan degli
Asmonei, era di stirpe sacerdotale e lui stesso sacerdote, e dopo essere
stato Sadduceo ed Esseno, aveva scelto di essere Fariseo. Prende parte
attiva alla guerra contro i Romani fino al 66 quando, essendo stato fatto
prigioniero, offre i suoi servigi al nemico, 'convertendosi' alla causa
di Vespasiano e della dinastia dei Flavii, da cui prenderà il nome
come loro liberto.
Passiamo ora a Paolo e alla
sua 'conversione' : negli Atti degli Apostoli Paolo, che è un Fariseo,
compare come un giovane, testimone e consenziente all'uccisione di Stefano.
Saremmo nel 33 o 34. Subito a seguire Paolo è descritto come una
specie di agente con poteri speciali che, a nome del Sinedrio, perseguita
i seguaci di Gesù, in tutta la Giudea, e financo a Damasco dove
si sta recando colla sua scorta quando gli appare Gesù.
Senza mettere in dubbio l'apparizione
per ora, è da notare che Ponzio Pilato termina il suo mandato nel
37, e che in quell'anno la Giudea torna indipendente sotto il governo di
Marco Giulio Agrippa I, della famiglia di Erode, per volere del neoimperatore
Caligola. Tuttavia è solo nel 41 che Agrippa riceve pieni poteri
dall'imperatore Claudio, ed anzi Caligola manda contro Gerusalemme il governatore
della Siria P. Petronio con tre legioni, nell'anno 40. Il motivo è
descritto da Giuseppe Flavio: doveva introdurre le statue dell'imperatore
nel Tempio, e se i Giudei si fossero opposti doveva massacrarli e ridurli
in schiavitù. Non entriamo nel merito della presunta follia di Caligola,
ma sta di fatto che Petronio, probabilmente consapevole che alcuni suoi
colleghi si preparano a fare la festa a Caligola, prende tempo e attende.
Caligola è fatto fuori e Agrippa, casualmente a Roma, ottiene da
Claudio imperatore il regno e piena potestà su Gerusalemme e la
Giudea.
E' solo a questo punto che
è verosimile che Paolo, anche più maturo d'età, riceva
poteri di polizia giudiziaria e li eserciti in patria e all'estero. Gli
Atti appaiono rimaneggiati in modo incongruente e confuso, il capitolo
9 è evidentemente legato al capitolo 13, dove la narrazione riprende
a parlare di Paolo. Il capitolo 12 si conclude colla morte del re Agrippa
I, colpito da un angelo del Signore, nel 44.
Giacomo il Giusto si ritirerebbe
nel deserto (12) ed è a questo
punto che si può logicamente collocare la 'conversione' di Paolo.
Pertanto tale 'conversione' avverrebbe nel 44, all'indomani della morte
di Agrippa I e del termine del periodo di indipendenza. Infatti Claudio
imperatore riconverte la Giudea in provincia e nomina governatore C. Cuspio
Fado, ufficialmente perché il figlio di Agrippa era troppo giovane.
Sia come non sia, riprendono i disordini e vere e proprie sollevazioni
popolari come negli anni 30. Non è azzardato ritenere che Paolo
lavorasse per il legittimo governo della Giudea per reprimere il movimento
Zelota con i suoi alleati. E che, quando i Romani riprendono il controllo
diretto della situazione che probabilmente stava sfuggendo di mano, Paolo
si ritrovi non più al servizio del partito fariseo ma di stranieri
e che quindi ritenga opportuno avere una visione: togliersi dalla politica
e ritornare alla religione. Non sarà stato facile per i farisei,
difensori a oltranza della legge mosaica, trovarsi nel mezzo dello scontro
incipiente tra Romani e Giudei. Molti di loro avranno pensato bene di aderire,
quanto meno a parole, alla rivolta che si sta organizzando. Questo potrebbe
valere anche per parte degli idumei, che troviamo insieme agli zeloti nella
occupazione del Tempio nel 68.
Quanto a Paolo, non poteva
certo aderire politicamente al movimento, visti i suoi precedenti filo-romani.
Una conversione religiosa, e soprattutto un allontanamento da Gerusalemme,
appaiono quanto mai opportuni. Si deve notare infatti che la conversione
avviene in Siria e che Paolo non sente il bisogno di andare subito a Gerusalemme
per parlare con i dodici, ma inizia direttamente la sua predicazione. Nella
lettera ai Galati Paolo spiega che si recò a Gerusalemme rispettivamente
tre anni e poi di nuovo quattordici anni dopo la conversione. Siccome Paolo
era certamente in Palestina ancora nel 61, i conti sono presto fatti. (13)
Negli Atti si dice che dopo
la prima venuta Paolo fu invitato a starsene buono a Tarso. Paolo inizierebbe
nel 44-45 i suoi viaggi da Tarso verso tutta l'Asia Minore e la Grecia,
ed è in questo periodo che nasce per la prima volta il termine 'cristiano'
per definire i seguaci di Gesù. (Atti, 11,25) Se l'attività
missionaria di Paolo inizia nel 44-45, subito dopo la morte di Agrippa
I, perché ante datare di dieci anni la sua conversione, se non per
mascherare il fatto che è avvenuta dopo la morte di Agrippa, cioè
dopo il 44?
Alla comunità dei seguaci
di Gesù giunge voce di questa intensa attività di Paolo all'estero,
e il neo convertito viene richiamato a Gerusalemme in due occasioni (Atti,
15,2 e 21,15). Notevole che in Atti 21,4 alcuni proseliti, mossi dallo
spirito del Signore, consigliano a Paolo di non andare a Gerusalemme. I
due viaggi possono essere benissimo uno solo: gli argomenti appaiono gli
stessi e il racconto ripetitivo. Comunque ci possiamo immaginare la discussione:
Paolo parla di giustificazione tramite la fede e non solo tramite il rispetto
della legge, ("se la giustificazione avvenisse solo per tramite della legge
allora Gesù è morto invano" dirà nella lettera ai
Galati). Nella cosiddetta lettera di Giacomo questa tesi è puntualmente
contrastata ("chi non rispetta un solo punto della legge infrange tutta
la legge") . Ma, nel clima pre-rivoluzionario di quegli anni a Gerusalemme,
è inimmaginabile che non sia stata posta la questione, indipendente
da contrasti teologici, di come porsi rispetto alle truppe romane di occupazione.
Ci possiamo immaginare la scena: Paolo strilla a proposito della giustificazione
attraverso la fede e non attraverso le opere della Legge, e Giacomo sospira
stancamente e dice "si Paolo, va bene, ma con i Romani come la mettiamo?".
Anche qui abbiamo una possibile testimonianza del pensiero Paolino: anni
più tardi scriverà, parlando degli ebrei di Gerusalemme ".
..la loro caduta è stata un arricchimento per il mondo .io sono
apostolo dei Gentili... .la loro riprovazione fu riconciliazione del mondo.
." (Romani 11,12) .
Comunque, dopo il secondo
richiamo, a Paolo viene imposto di fare autocritica e purificarsi nel tempio.
Non è chiaro cosa succede, presumibilmente i vecchi padroni di Paolo
non gli perdonano il volta gabbana e lo fanno arrestare coll'accusa di
sovversione. Qui il racconto degli atti sembra replicare la passione e
morte di Gesù, ma con importanti differenze. Detenuto dalle autorità
romane al contrario di Gesù Paolo evita la fustigazione dichiarandosi
cittadino romano. Davanti al Sinedrio inveisce contro l'empietà
di un sacerdote che ha dato ordine di colpirlo sulla bocca, ma quando si
rende conto che è il sommo sacerdote Anania si scusa prontamente
"..non sapevo fratelli che fosse il sommo sacerdote, perché sta
scritto: Non parlerai male del capo del tuo popolo. ." e subito dopo ".
.saputo che una parte dei presenti erano sadducei e l'altra farisei, gridò
nel sinedrio 'Fratelli io sono fariseo, figlio di farisei e vengo giudicato
a motivo della speranza e della resurrezione dei morti'. Come ebbe detto
ciò sorse un diverbio tra farisei e sadducei. ..." (Atti, 23,6).
Tradotto davanti al procuratore
romano, si guarda bene dal fare discorsi strani tipo "che cos'è
la verità" e dichiara subito la propria fede: ". .non mi hanno trovato
a discorrere con alcuno o a fare sollevazioni di folla né nel tempio,
né nelle sinagoghe, né per la città. A motivo della
resurrezione dei morti io oggi sono giudicato al vostro cospetto".
Riuscirà a farla franca,
viene spedito a Roma, nel 61, dove potrà continuare a mettere in
piedi l'organizzazione del suo partito guardandosi bene dal rimettere mai
più piede a Gerusalemme. In questi termini la sua scelta di prediligere
i gentili, cioè i non ebrei, acquista un altro preciso significato.
Non pare plausibile che, rotti i ponti con tutte le componenti ebraiche,
solo motivi di fede gli impongano di rivolgersi ai non ebrei. Probabilmente
più tardi, magari dopo la morte di Giacomo il Giusto, nel 62, o
più in là ancora, dopo il 70, saranno gli ebrei in esilio
che avranno bisogno dell'organizzazione creata da Paolo, ed è possibile
che l'apostolo, se ancora vivo, li abbia magnanimamente accolti, in particolare
dopo la caduta di Gerusalemme quando della corrente originaria dei seguaci
di Gesù si perde ogni traccia. Ovvero gentili può avere avuto
il significato che ha nei testi di Qumran, cioè di ebrei non puri,
non ortodossi, come potevano essere considerati gli ebrei fuori dalla Palestina.
Paolo si è sottratto
all'autorità di Giacomo, erede del potere di Gesù, invocando
di avere visto direttamente Gesù, e di avere ricevuto da lui l'indicazione
a portare la buona novella tra i gentili. Come abbiamo richiamato sopra
a proposito della gnosi, gli gnostici, che riconoscevano in Paolo il loro
capostipite, un secolo più tardi tenteranno di riutilizzare in modo
organico la stessa metodologia, invocheranno una rivelazione diretta e
personale disconoscendo l'autorità della chiesa cattolica. Ma come
abbiamo visto gli andrà male.
E' una ricostruzione fantasiosa
e insostanziata? Può darsi, ma la versione ufficiale è non
meno fantasiosa: Paolo vede Gesù in una nube di luce, e più
di una volta, e rivendica che da Gesù direttamente ha avuto incarico
di portare il messaggio ai Gentili. Sarà Romano per i Romani, Fariseo
per i Farisei, Ebreo per gli Ebrei, davanti al Sinedrio si dichiara rispettoso
della legge ma nell'organizzazione da lui creata ne dichiarerà l'assoluta
insufficienza (e perché non ha sostenuto questa tesi davanti al
sinedrio invece che buttarla sulla resurrezione?).
Ma c'è dell'altro:
perché è stato sostenuto che gli Esseni non credevano nella
resurrezione? e perché si sostiene che i Sadducei non credevano
nella resurrezione? Non è forse un alibi per giustificare l'impossibilità
dell'appartenenza al movimento zelota dei primi seguaci di Gesù?
La comunità di Qumran era un gruppo di fanatici xenofobi, è
comprensibile l'orrore dei Domenicani di vederla identificare con la comunità
della primitiva chiesa di Gerusalemme. Non solo, ma le falsificazioni dei
vangeli appaiono fin dall'origine volte a cancellare ogni possibile identificazione
del gruppo dei seguaci di Gesù con il movimento degli Zeloti, dei
Sicari, dei Maccabei, dei Sadducei, degli Esseni. La ragione ufficiale
sarebbe il desiderio di presentare a Roma, al pubblico romano, una religione
che non apparisse anti romana nelle sue radici.
Elaine Pagel ha notato come
il dogma della resurrezione sia centrale al fine di stabilire l'ortodossia
della grande chiesa rispetto all'eresia gnostica, ed è proprio la
resurrezione in nome della quale Paolo ha costruito la sua chiesa, e di
cui in pratica lui si proclama unico interprete. Si capisce il senso della
definizione data di Paolo (tristo ingannatore) che un tardo maestro gnostico
ci ha lasciato: denuncia di una strumentale utilizzazione di una questione
di fede per costruire un potere personale terreno. Certo Paolo si sarà
reso conto di avere a che fare con un gruppo di teste calde, folli nel
loro fanatismo, ma allora perché non continuare coerentemente a
perseguitarli? Insomma la questione centrale è una sola: Gesù
è apparso veramente a Paolo sulla strada di Damasco oppure la folgorazione
è da intendersi nel significato contemporaneo dell'espressione,
che viene usata comunemente per definire chi improvvisamente cambia idea,
partito, programma politico, per ragioni molto dubbie?
Capitoli | Precedente | Successiva |