Così si esprime Sesto
Empirico a proposito del problema di Dio e del male: "Chi afferma decisamente
che Dio esiste non può non cadere nell'empietà. Perché
se dice che Dio controlla tutto, lo fa autore delle cose cattive; se, d'altra
parte, dice che controlla solo alcune cose o che non controlla niente,
è costretto a concepire un Dio geloso o impotente, il che è
evidentemente un'empietà".(18)
Nella tradizione ebraica e
cristiana il male è mitologicamente fatto discendere dalla rivolta
degli angeli contro Dio (libro di Enoc) , un peccato di presunzione commesso
da esseri creati da Dio molto simili a lui. La cacciata degli angeli, la
loro stessa rivolta, è un modo simbolico di raccontare l'origine
del male, ma purtroppo di questo simbolismo si è perduta la chiave
e si può solo cercare di immaginare cosa intendessero gli autori
del libro di Enoc. L'episodio della Genesi, il serpente, la mela, l'albero
del bene e del male, è un altro modo simbolico di descrivere l'origine
del peccato, del male, il 'peccato originale' , ma anche di questo mito
simbolico si è perduta la chiave interpretativa. Entrambi comunque
sembrano in certo qual modo aver presente la contraddizione citata di Sesto
Empirico.
I Manichei sembrano seguire
una impostazione più razionale: secondo l'eresia manichea il male
deriva da un Dio malvagio che coesiste col Dio del bene, cioè si
ammette una teologia dualista. A proposito dei manichei, costoro vengono
sempre vituperati da politicanti da strapazzo o ignoranti che asseriscono
che essere manichei significa dividere il mondo in buoni e cattivi. Ma
ciò è caratteristico di chi si riferisce a una ideologia
nella sua interpretazione del mondo: i cristiano cattolici, i comunisti,
i fascisti, gli ecologisti, tutti costoro dividono il mondo in buoni e
cattivi a secondo che concordino o discordino dalle loro visioni. I manichei
si limitano a elevare il demonio allo stesso livello di Dio, anche se sono
convinti che alla fine dei tempi il bene trionferà sul male.
Da buon precursore dei Gesuiti
Agostino, seguendo una tradizione ebraica o ebraico-cristiana (quarto libro
di Ezra) , risolverà la questione affermando che la mente umana
non può comprendere il mistero della creazione. Il male, un seme
di peccato posto nel cuore di ogni uomo, sarebbe una manifestazione del
dono del libero arbitrio: così che ogni uomo può scegliere,
ed essere quindi responsabile, di agire nel bene o nel male. Taluni teologi
si sono spinti ad affermare che il poter fare il male è necessario
per poter giustificare la salvezza, la scelta di agire nel bene.
Da un punto di vista sociale
si comprende la pericolosità di una dottrina che predica la rassegnazione
davanti all'esistenza del male, o addirittura la sua necessaria esistenza.
Da essa nasce infatti la concezione della futilità degli sforzi
per sradicare il male dalla terra. Se la questione rimanesse confinata
nell'ambito del discorso su Dio, cioè della teologia, nulla di male
ci sarebbe. Il guaio è che, talora per banali questioni linguistiche,
si mette nel male anche il dolore corporeo; o, peggio ancora, i mali sociali,
qualunque cosa uno intenda con questa espressione. Si crea infatti l'antipatica
sensazione che chi lotta contro questi mali lotti in ultima analisi contro
la imperscrutabile volontà di Dio.
Bisogna fare buon uso di quanto
di buono -di utile- c'è nella psicoanalisi: questa idea del male
necessario, della rassegnazione
davanti all'incomprensibile,
viene rimossa nel subconscio quando criticata per i suoi effetti sociali,
ma nel subconscio rimane e da lì continua ad esercitare il suo potere,
a determinare un certo atteggiamento. Questo atteggiamento viene poi spacciato
per realismo: ci sarà sempre la corruzione, etc... l e su questo
pseudorealismo si giustifica poi la realpolitik, che si riallaccia all'altro
miserabile principio che il fine giustifica i mezzi, e così il circo
dei neo-Darwinisti della politica ostenta le sue basi etiche.
Il male individuale è di due tipi: esiste un male nella natura e nel mondo che ci circonda, un male fatto di accidenti e malattie, ed esiste un male che ci viene fatto dai nostri cospecifici. Il male accidentale può, per chi gli fa piacere, essere attribuito a Dio, o al demonio, o a entrambi. Il male dei nostri cospecifici invece no. Nel passato si è sostenuto che il male fatto dall'uomo era opera di individui posseduti dal demonio, ma questa tesi è caduta oggi in discredito, perlomeno nella nostra società. Sembra invece prendere piede l'ipotesi che individui pieni di entusiasmo, cioè posseduti da Dio, siano spesso coinvolti nel creare grandi sofferenze a tanta parte dell'umanità. Ne ha uccisi più il fanatismo che qualsiasi culto del demonio. Ovvero il fanatismo è culto del demonio, culto dell'assolutismo religioso, culto dell'assolutismo politico. Culto del nutrire l'illusione delle certezze assolute, come sfida al razionalismo che offre scetticismo e incertezza. Ecco questo tipo di male, quello che, per usare una espressione da libro sacro, il prossimo fa al prossimo suo, ivi compreso 'lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo' , questo male, indubbiamente prodotto umano, può essere combattuto senza fare ricorso a Dio, gli Angeli, la Madonna, Gesù Cristo, il Demonio e gli spiriti del male? Non lo si può separare da una tegola che per accidente ci cade in testa, che è un male accidentale appunto, o naturale, o divino? Questo permetterebbe a chi ci tiene di mantenere la teologia del male come condizione necessaria per il libero arbitrio, anche se causerebbe non pochi guai ai medici, particolarmente ai traumatologi e agli infettivologi.
Coloro che sostengono che la
società, gli uomini, non possono stabilire ciò che è
bene e ciò che è male, perché il bene e il male sono
concetti universali preesistenti all'uomo e alla società, sono di
solito i sostenitori dello stato etico, cioè di uno stato che governa
secondo principi etici che appunto precederebbero l'esistenza dell'uomo
e della società. Costoro sono di solito dei grandi mascalzoni che
sostengono di avere avuto accesso, per illuminazione o intuizione, alla
essenza dei principi etici preesistenti all'uomo, e se ne ritengono pertanto
l'unica fonte. Il giovane amministratore cercherà di contrastarli
il più possibile, quando li incontrasse: essi sono un male vero,
non quello dovuto all'assenza di bene ma quello inventato e prodotto dal
demonio al fine della nostra perdizione.
Forse il. principio è
esposto un po' crudamente, ma in buona sostanza si tratta di questo. Questa
filosofia, che è instillata nella scuola, è profondamente
asociale e produce poi la giustificazione morale, conscia o inconscia,
del comportamento asociale, criminale e delinquenziale. Certo la filosofia
da sola non è sufficiente, e non è necessario essere stati
educati nelle nostre scuole per essere delinquenti: esistono fiori di delinquenti
che non sono mai stati a scuola, ma questo è un altro punto.
La filosofia, anzi la teologia
del male necessario, associata a possibilissimi accidenti come la povertà
materiale, conduce pochi all'ascesi attraverso la rinuncia al mondo, e
molti alla conquista del mondo come rivolta contro una sorte avversa e
miserabile, e colla convinzione di svolgere, dopotutto, una missione necessaria
alla umana redenzione. Sproloquio disordinato? Ma tale sembra essere stata
la linea di difesa di uno dei primi processati di Tangentopoli, accanto
ai nobili fini della politica, come contributo personale a una catarsi
universale, oltreché alla riforma sociale.
Ovviamente tutta una serie
di problemi sono intuibili quando la maggioranza dei membri di una società
pretende di sobbarcarsi il compito di assolvere alla necessaria presenza
del male. Lo stato etico va bene come concetto minoritario, in certo qual
modo elitario, così che la maggioranza, nelle sofferenze causate
da pochi, eserciti la libertà di
scegliere il bene e la salvezza.
Si dice talora che lo stato
laico è indifferente ai problemi etici, il che è una grande
sciocchezza. Lo stato cosiddetto laico è sensibilissimo ai problemi
etici, e ne chiede continuamente soluzione ai suoi cittadini. In altre
parole nello stato laico sono i cittadini a stabilire che cosa sia il bene
e che cosa sia il male, ovviamente nei loro risvolti sociali. A volte una
definizione appare impossibile e allora il problema viene lasciato aperto.
In questo senso lo stato democratico può vivere con dei problemi
etici irrisolti, modificare le sue scelte, cambiare soluzioni, rimettere
in discussione questioni già definite in passato.
Il problema che c'è
tra i sostenitori dello stato etico e i sostenitori dello stato democratico
è che i primi sono di solito intolleranti a opinioni diverse, mentre
i secondi si distinguono per la tolleranza dei dissenzienti. Succede così
che i difensori dello stato etico sono stati presenti sempre, mentre i
difensori dello stato democratico sono stati presenti raramente. Si è
creata così una diffusa opinione che le persone tolleranti e ragionevoli
sono destinate sempre ad avere la peggio nei confronti degli intolleranti,
dei violenti e dei sopraffattori. Questa opinione è stata rafforzata
dalla citata rimozione psicoanalitica dell'idea del male necessario (come
detto chi sostiene che il male è necessario è di solito anche
un sostenitore dello stato etico, dando in questo se non altro prova di
una grande coerenza) e spiega, io credo in larga misura, la facilità
con cui si instaura il meccanismo di accettazione della corruzione politica.
In altre parole la corruzione politica non sarebbe corruzione, ma semplicemente
realismo, realpolitik. Un male necessario appunto. Perché nei confronti
delle forze del male bisogna agire con determinazione e senza pietà,
il fine giustifica i mezzi.
Ovviamente la questione dello
stato etico è una ennesima truffa di mascalzoni, come detto sopra,
e di ciarlatani: infatti c'è sempre qualcuno che sa quali sono i
principi etici dello stato, malgrado essi siano preesistenti agli uomini
e alla società. Questo qualcuno lo sa perché è dotato
di grande intuizione, o perché Dio o un Angelo gli sono apparsi
a spiegarglielo, o perché lo ritiene talmente evidente che solo
dei minorati mentali non se ne accorgono. Così anche i principi
etici preesistenti all'uomo sono di solito un prodotto dell'uomo, anzi
di pochi uomini, e il meccanismo dello stato etico è un trucco per
dare autorevolezza a opinioni del tutto personali, per evitare il controllo
da parte della comunità. Pertanto possiamo dire che lo stato etico
non esiste, ciò che è esistito è uno stato che opprime
i suoi cittadini, che non è espressione della libera volontà
dei cittadini ma di una minoranza di malfattori che attraverso lo stato
esercitano la loro sopraffazione.
E' esattamente dal fraintendimento
della teoria dello stato che Lenin condusse il partito comunista a impadronirsene.
Lenin non voleva uno stato democratico libera espressione dei cittadini,
se non in un futuro lontano. Voleva uno stato repressivo efficiente per
realizzare in fretta le sue profezie, per imporre la sua concezione del
bene sociale. Lui era uno di quei fortunati a cui la natura aveva fatto
dono di una intelligenza tale da capire cosa era bene e cosa era male,
per la società e per l'umanità intera. E una volta che lo
comprese, si dette da fare per mettere in pratica la sua comprensione.
L'ideologia marxista gli imponeva di cambiare il mondo, non di analizzarne
i mali. A Marx va riconosciuto il merito di aver posto il problema di come
risolvere il male sociale, cioè di essere andato oltre la problematica
teologica di come mai il male esista e di avere posto la problematica di
come combatterlo non per le sue origini ma per i suoi effetti. Purtroppo
l'applicazione fanatica e intollerante del principio che il male va combattuto
e sradicato usando gli strumenti storici del male sociale, cioè
lo stato repressivo e le sue leggi, i suoi tribunali e i suoi gendarmi,
ha prodotto gli orrori dello stato comunista, da Lenin a Pol Pot.
Un singolare tentativo di
riportare la questione dell'origine del male al centro dell'attenzione
(al posto della questione di come combattere il male, e parliamo sempre
del male sociale) , si verifica dopo la rivoluzione Darwiniana. Infatti
la rivoluzione Darwiniana è stata rapidamente incamerata dai difensori
dello stato etico che hanno nuovamente spostato la problematica sul piano
dell'origine, come se la comprensione delle basi biologiche del male potesse
fornire fondamento a una idea del bene (e del male) esterna e preesistente
all'uomo e alla sua società. Infatti se si accetta l'idea che il
male sociale trovi le sue origini nella biologia, non si fa altro che ripetere
il concetto del male necessario. Ovviamente questo è un concetto
privo di logicità, perché il male sociale esiste in quanto
esiste la società, e pertanto non può precedere la struttura
in base alla quale esiste. Quanto all'origine biologica del male questo
è un non senso: la biologia non ha una dimensione etica, non più
che la chimica o la fisica.
Chi detiene saldamente un
potere totalitario si preoccupa poco della logica, sa che non è
la logica che lo mantiene al potere, e se si concede dissertazioni teologiche
o biologiche non per questo dimentica di, se non altro incidentalmente,
ricordare a tutti che la forza, e i quattrini, son capaci di fare andare
l'acqua all'insù.
Lo stato etico si è
tradizionalmente identificato collo stato totalitario, e gli anarchici
avevano empiricamente ragione allorquando sostenevano che bisognava abbattere
lo stato. Ritenevano impossibile l'esistenza di uno stato che non fosse
etico. Lenin come si è detto ritenne che si poteva cambiare l'etica
dello stato, che anzi questo era il modo più rapido di instaurare
una società senza mali sociali. Siccome Lenin ha avuto indubbiamente
successo nell'impadronirsi del potere statale, tutti quelli che hanno fatto
politica dopo di lui hanno pensato di utilizzarne i metodi e l'organizzazione
politica.
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