L'ipotesi che Paolo si sia
appropriato di una idea, l'abbia trasformata, e con essa abbia messo in
piedi una organizzazione segreta con ramificazioni nelle principali città
dell'impero, per quanto suggestiva e suffragata dai dati filologici, paleografici,
storici, e di analisi logica delle testimonianze disponibili, non spiega
tuttavia le ragioni del grande successo del cristianesimo.
Per di più, in assenza
di nuovi reperti dell'epoca, le falsificazioni dei documenti sono tali
e talmente stratificate da rendere impossibile ogni ulteriore rielaborazione
dell'interpretazione della storia del cristianesimo. (19)
Come si è rilevato,
sono le scoperte di Nag Hammadi e di Qumran, entrambe avvenute nella seconda
metà degli anni 40, e certamente un segno divino, sono queste scoperte
che consentono di affermare con sicurezza che la storia della cristianità,
così come ci è stata tramandata dalla Grande Chiesa, è
falsificata e incompleta.
Un tentativo di comprensione
della situazione è che, accanto alla copertura della realtà
dell'attività dei seguaci di Gesù, si evidenzia una copertura
della natura profondamente gnostica dell'ideologia Paolina. Questa copertura
si rende necessaria nella lotta per la supremazia ideologica e politica
che si svolge verso la fine del I secolo e nel secondo all'interno dell'organizzazione
fondata da Paolo. Ci sono dunque, come detto, due serie di falsificazioni
principali, una che riguarda il resoconto della vita di Gesù e i
suoi detti, per separare la chiesa Paolina dal sospetto di connivenza coi
rivoltosi della Palestina. Quest'una si caratterizza per falsificazioni
del resoconto storico e per la caratterizzazione gnostica di tutta la impostazione
teologale. In altri termini l'accezione spirituale e gnostica viene accentuata
in modo da far apparire in secondo piano le componenti politiche, anzi
in modo di farle sparire del tutto.
La seconda serie di falsificazioni
si verifica contestualmente allo scontro ideologico e teologico tra gli
gnostici e l'organizzazione della Grande Chiesa, quando per la gerarchia
e l'élite dei vescovi, diaconi e presbiteri, si impone la scelta
di esercitare un potere temporale sulla massa dei cristiani. La gnosi,
il messaggio spirituale, non è ritenuto più utile, ed anzi
è avvertito come un ostacolo al fine della sopravvivenza dell'organizzazione
in quanto tale. E a maggior ragione poi quando l'organizzazione diverrà
il fatto preminente, in associazione all'amministrazione imperiale prima
e sostituendosi ad essa poi, dal IV secolo in avanti.
Per Mannucci, che ha rivisto
tutta la letteratura sull'argomento, ci sono addirittura tre serie di falsificazioni,
imperniate su 1) che cosa Gesù ha veramente fatto e detto, 2) i
seguaci di Gesù e il loro coinvolgimento nella rivolta antiromana,
e 3) la falsificazione paolina.
A parte le falsificazioni
della teoria, ci sono poi errori di trascrizioni, aggiunte e falsificazioni
vere e proprie dei testi. Un esempio per evidenziare come la falsificazione
dei testi fosse in voga in quel tempo: l'apocalisse di Giovanni termina
con le parole "Io dichiaro a chiunque ascolta le parole della profezia
di questo libro: Se uno aggiunge a queste altre cose, Dio aggiungerà
a lui i flagelli scritti in questo libro. E se qualcuno toglierà
qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio toglierà
la sua parte dall'albero della vita e dalla Città Santa. ...". Quale
migliore testimonianza di quello che doveva essere lo sport preferito degli
amanuensi? Del resto la Grande Chiesa subiva un handicap al riguardo. Per
gli gnostici l'apocalisse (la rivelazione) era personale, una volta rinati
a Dio, e questo gli consentiva di produrre in continuazione i loro vangeli.
La Grande Chiesa si riteneva depositaria di una dottrina immutabile, per
cui non c'era alternativa alla falsificazione dei testi scritti, dove tale
dottrina era conservata, al fine di contrastare i vari punti conflittuali
in termini di gerarchia ecclesiastica, potere dei vescovi, posizione delle
donne, e tutto quanto era motivo di divisione e conflitto con gli gnostici.
Agli inizi del quarto secolo
per ordine dell'imperatore Diocleziano tutti i testi cristiani vengono
bruciati. Ma solo dieci anni più tardi l'editto di Costantino permetterà
ai cristiani libertà di culto. Anche questa fu una occasione per
la Grande Chiesa, unica depositaria della tradizione, di riscrivere tutta
la storia di Gesù in funzione antignostica. Contestualmente, man
mano che la Grande Chiesa viene associata nell'amministrazione dell'impero,
la gnosi viene emarginata, screditata, e infine condannata. L'estirpazione
dell'eresia gnostica è pressoché completa, intellettualmente
e fisicamente.
La Grande Chiesa sarà
poi intenta a insediarsi stabilmente al vertice del potere politico e a
tal fine metterà in atto, nei secoli successivi, una terza serie
di falsificazioni. La prima e forse la più importante riguarda Costantino:
il suo editto, la sua supposta conversione, la sua donazione. La cosiddetta
donazione è stata denunciata come una grossolana frode dal Lorenzo
Valla fin dal 1440: si tratta infatti di un documento stilato nel VII o
VIII secolo, col preciso scopo, da parte della massima gerarchia della
chiesa cattolica, di ingannare i contemporanei e i posteri. (20)
La cosiddetta prominenza data
alla Cristianità sulle altre religioni è un'altra bugia.
Ma quale prominenza? Costantino, nel cosiddetto editto di Milano del 313,
semplicemente permise ai cristiani di praticare il loro culto, al pari
di tutte le altre religioni. Quanto alla storia della sua conversione essa
è riportata da Eusebio di Cesarea, che è anche uno dei primi
storici della Cristianità, e quindi fonte particolarmente inattendibile.
Costantino dichiarò la Domenica giorno festivo, ma era inteso che
fosse dedicata al sole, come del resto il Natale. Nei suoi scritti, e nell'arco
di trionfo, la menzione del grande Dio è da ritenersi riferita al
Dio Sole Invitto. Certo la commistione tra potere dello stato e chiesa
cattolica cominciò con lui, e non è da escludere che in tarda
età si convertisse, ma nel 313, l'anno dell'editto, non diede nessuna
prominenza al cristianesimo, e la sua famosa donazione è un falso
comprovato. Quanto alla storia di 'in hoc signo vinces' , il ritrovamento
di una moneta di Massimiano, uno degli imperatori precedenti Costantino,
che riporta l'iscrizione correlata, evidenzia come anche quella sia una
grossa fandonia. Quanto al chi ro il monogramma è reperibile
fin dal primo secolo d.C.
Lo stesso Eusebio ci tramanda
che Costantino fu battezzato sul letto di morte. E se fu battezzato morente,
squallido sciacallaggio che verrà ripetuto nei secoli, vuoi dire
che non si era convertito prima, o no?
Una quarta serie di gravi falsificazioni
fu posta in atto nel quarto secolo: progressivamente la Grande Chiesa modificò,
o inventò quando era il caso, date e ricorrenze in modo da farle
coincidere con date e ricorrenze delle festività tradizionali dell'impero.
La nascita di Gesù, celebrata il 6 o il 10 di Gennaio, venne spostata
a coincidere col 25 Dicembre, la più grande festa dell'impero, alla
fine dei Saturnali, e dedicata al Natalis Solis Invicti. Nelle chiese cristiane
orientali tale modifica venne accolta nei successivi tre secoli, ma per
esempio la chiesa armena celebra ancora oggi la nascita di Cristo il 6
gennaio. Il 15 di Agosto, festività di Diana, divenne la festa dell'assunzione
di Maria. L'ultimo giorno di Ottobre era irrecuperabile e fu semplicemente
posto nel dimenticatoio, ma il primo di Novembre diventa festa di tutti
i Santi, mentre il due può rimanere come commemorazione dei defunti
e così via con tutte, dicasi tutte, le festività cristiane.
(27) Lo stesso giorno di riposo settimanale, per i cattolici come per gli
ebrei, era originariamente il sabato; ma per farlo coincidere con la domenica,
che Costantino aveva appunto dedicato al sole invitto, gli si cambiò
il nome così che divenne il giorno del signore (dominus) .(28)
Fu la particolare caratteristica
della Grande Chiesa che le permise di sopravvivere alle invasioni barbariche
ed anzi di autoproclamarsi erede e portatrice dei valori della civiltà
romana quando l'impero si dissolse. Nel quinto secolo a Roma doveva esserci
un bel casino: va riconosciuta la straordinaria capacità della Grande
Chiesa di subentrare al vuoto di potere che si era creato nella ex capitale
dell'impero, e di usare al meglio quel potere presentandosene addirittura
come l'erede nei confronti dei barbari. Giustamente Mannucci fa rilevare
il cinismo etico della chiesa a fronte del dissolvimento dell'amministrazione
imperiale.
La chiesa cattolica è
in effetti il monatto dell'impero. Non è possibile dire se e come
la cristianità abbia giocato un ruolo nel crollo dell'impero, ma
è possibile affermare con certezza che, quando l'impero si dissolse,
la chiesa cattolica era lì pronta a raccattarne l'eredita, assumerne
l'autorità e la funzione, come i monatti in una casa sterminata
dalla peste.
Si capisce che davanti a questa
straordinaria serie di mistificazioni e falsificazioni Stalin assume l'aspetto
di un dilettante. Come Mannucci e Boeck fanno notare, non è in questione
la buona fede di Paolo. Il primato conferito alla fede pone in secondo
piano le questioni etiche, anzi in generale tutta l'etica del comportamento
umano. Questa pesantissima eredità culturale è una delle
radici profonde della amoralità del politico che si ispira eticamente
alla religione creata da Paolo e i suoi successori.
Lo stesso dicasi per il primato
della prassi e degli obbiettivi sociali che i marxisti leninisti pongono
alla base della loro esistenza: l'etica umana ha un senso solo se conforme
alla grande rivoluzione sociale. L'ideologia cristiana della Grande Chiesa
si è sempre incentrata sulla cattolicità, sulla universalità
della dottrina e della prassi. Ma la dottrina e la prassi sono patrimonio
di una gerarchia assolutistica che si mantiene organizzata dal centro alla
periferia, che fa della obbedienza cieca e assoluta alla autorità
del Papa e dei vescovi un dogma indiscutibile. Il singolo essere umano
può sbagliare ma l'istituzione, la Chiesa fondata da Gesù
Cristo, essa non sbaglia mai.
Presentata in questi legittimi
termini si osserverà che l'organizzazione della Grande Chiesa è
quantomeno analoga alla organizzazione leninista. Questo non deve meravigliare
più di tanto, visto che la storia della Grande Chiesa è stata
insegnata nelle scuole europee per più di un millennio ed è
entrata a far parte del nostro bagaglio culturale, del nostro inconscio
più o meno collettivo.
C'è un filo rosso conduttore
da Paolo a Lenin, forse il rosso del sangue di Gesù morto sulla
croce per riscattarci dai nostri peccati e portarci alla salvezza. Non
è azzardato vedere delle analogie storiche tra il tempo di Paolo,
caratterizzato dalla presenza del potere romano che aveva occupato tutto
il mondo conosciuto e andava sempre di più allontanandosi dalla
religiosità nel modo di concepire il senso della vita, individuale
e sociale, e il tempo di Lenin caratterizzato da un potere capitalista
che andava estendendosi ovunque geograficamente e socialmente. Analogo
è anche il rispetto per il potere statale come strumento e la concezione
dell'utilità di impadronirsene più che di distruggerlo, nella
Grande Chiesa nel quarto e quinto secolo e nella Chiesa Comunista agli
inizi del nostro. Analoghi soprattutto i fini di salvezza dell'umanità
intera, il grande obbiettivo umanitario di riscatto di tutti i popoli per
cui tutto è lecito, tutto è necessario.
Ma è soprattutto nell'organizzazione
che le analogie sono fortissime: il filo rosso conduttore da Paolo a Lenin
è la tipologia e la logica dell'organizzazione, ed il fatto che
l'organizzazione in quanto tale appare nei fatti e nella realtà
preminente rispetto a qualunque altra questione. In essa "verum et falsum
in ipsum convertuntur", essa è la verità e la vita.
L'entrare a far parte di una
organizzazione riservata agli eletti, ai migliori, essere tutt'uno con
gli altri membri dell'organizzazione e con i nobili ed entusiasmanti fini
della stessa, rappresentano profonde motivazioni e soddisfazioni consce
e inconsce: forse questa è una possibile spiegazione del grande
successo ottenuto dall'organizzazione fondata da Paolo. Poi il tempismo
(ma tre secoli dopo la fondazione) dell'organizzazione di impadronirsi
di tutte le leve del potere imperiale quando l'occasione si presenta, ne
garantisce l'esistenza ormai bimillenaria.
Forse è quel tipo di
organizzazione (e magari più ancora quel tipo di successo) che Lenin
aveva in mente quando teorizzava sul partito e sulla sua forma. Ci sono
tre elementi fondamentali costituenti una chiesa, nel significato più
esteso che questa parola oggi ha:
1) la dottrina
2) la ritualità
3) la gerarchia
questa è la vera trinità
cattolica, la trinità universale. Sociologi e antropologi più
o meno culturali potranno spiegare come mai le cose vadano così,
ma è un fatto che così sono andate. Forse il movente, il
bisogno inconscio, è il ritorno alla struttura tribale. Forse giocano
moduli comportamentali innati. Forse è tutto esorcismo dallo spirito
della morte. Incidentalmente Freud appare così ossessionato dalla
sessualità da avere eccessivamente sminuito l'importanza dell'aggressività,
e da avere trascurato del tutto quanto appare essere dominante nella ritualità
e nell'intera vita tribale: la paura della morte.
Verosimili o inverosimili
che siano queste supposizioni, Lenin sembra avere fedelmente riprodotto
la trinità: la dottrina (l'ideologia, il programma) ; la ritualità
(compagni, pugni chiusi, la bandiera rossa, la falce e il martello, le
assemblee); e la gerarchia.
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