Posto che il futuro della politica
come scienza sociale è sempre più lontano da impostazioni
ideologiche, e sempre più vicino a impostazioni metodologiche, in
che cosa si differenzieranno i candidati alle elezioni? Se i fini dell'azione
politica tenderanno a essere simili, mentre la differenza sarà sui
metodi da seguire per raggiungere tali fini, ovviamente un primo criterio
di scelta sarà appunto verso l'opzione metodologica. Ma come si
è detto il controllo dei poteri, il controllo dei governanti, è
il problema principale per evitare una degenerazione criminale dei governanti
e dei poteri. In questo senso anche i programmi (le impostazioni metodologiche)
non sono un criterio di scelta sufficiente. Necessario forse, ma non sufficiente.
In secondo luogo se è
vero, come è vero, che i concetti di destra e sinistra, conservatore
e progressista, liberaI democratico e socialista, e quant'altro, sono stati
usati in maniera mistificatoria così che è impossibile usarli
come criterio di scelta metodologica, come si identifica, in una auspicabile
scelta elettorale maggioritaria, il candidato che dia maggiori garanzie
di realizzare effettivamente il tipo di scelte politiche per cui noi lo
abbiamo votato?
L'esperienza passata serve
non solo a controllare che gli eletti non facciano sciocchezze, ma può
anche darci una idea che precede la questione del programma e accentua
la questione del controllo. Parimenti l'esperienza passata può insegnarci
qualcosa anche in merito al problema di evitare che le elezioni continuino
solamente a bocciare una certa parte politica, il che si tradurrebbe in
un sostanziale immobilismo politico della società. Cioè,
pur avendo sottolineato l'aspetto principale delle elezioni politiche come
momento di controllo, è ovvio che esse sono e mantengono la caratteristiche
di delegare potere agli eletti al fine di realizzare un programma politico.
E allora?
Una differenza innegabile
e difficilmente mistificabile è quella tra ottimisti e pessimisti.
Come abbiamo visto il politico delinquente è sostanzialmente un
pessimista per quanto riguarda argomenti come la natura umana e l'uguaglianza
di tutti gli uomini davanti alla legge e altrove. Egli sembra ritenere
che i rapporti di forza siano più importanti dei principi, e sembra
ritenere altresì che la maggioranza degli elettori non capiscano
come stia effettivamente la realtà delle cose. La fiducia che egli
ha nella ragione è limitata alla fiducia nella sua ragione, e in
quella di pochi altri. Quanto alla corruzione politica, cioè alla
criminalità politica, egli appare convinto che sia un problema secondario
e ininfluente sulla nobiltà della politica. Machiavelli, Hobbes,
Hegel, Pareto, sono spesso i paradigmi metodologici della criminalità
politica, anche se magari non vengono condivisi i principi di tali autori.
Gli ottimisti hanno sostanzialmente
fiducia nella ragionevolezza, vedono che non ci sono più schiavi,
che le donne votano e hanno gli stessi diritti degli uomini, che la società
in cui viviamo è migliore di quella passata, credono che le cose
possano migliorare, credono che il programma politico dell' uguaglianza
di tutti gli uomini davanti alla legge e altrove sia realizzabile, credono
che il fine non giustifichi i mezzi perché non, ci sono fini ragionevoli
che non siano perseguibili con mezzi ragionevoli.
Un'altra utile distinzione
è tra razionalisti e irrazionalisti: praticamente i razionalisti
hanno fiducia nella ragione, gli irrazionalisti no. Questi ultimi tendono
a pensare che la realtà esista solo nella nostra mente, e che la
nostra mente è parte del nostro spirito. La realtà, quella
che conta, è ritrovabile nel nostro spirito, quella fisica che ci
circonda è pura illusione, l'illusione è fonte di sofferenza.
Cioè gli irrazionalisti sono pessimisti al riguardo della realtà
fisica, e quindi sociale, che circonda l'umanità.
Sembra quindi che i pessimisti
abbiano tendenze irrazionaliste, e gli ottimisti il contrario.
Fermo restando quindi che
i programmi vanno poi comunque valutati, parrebbe che una distinzione tra
candidati ottimisti e razionalisti da un lato, e candidati pessimisti e
irrazionalisti dall'altro, sia più utile che non la divisione tra
conservatori e progressisti (anche se ovviamente gli ottimisti sono progressisti
e i pessimisti sono conservatori). Quanto ai termini destra e sinistra
è bene che ritornino a designare la posizione degli eletti nell'emiciclo
della camera dei rappresentanti: la posizione di ciascun gruppo potrebbe
essere estratta a sorte all'inizio di ciascuna legislatura.
Si è visto come nel processo di perversione dei termini e dei concetti che forma una delle basi intellettuali della criminalità politica organizzata, si è arrivati a una situazione in cui tutti erano moderati, democratici e progressisti. Ma si è anche visto sostanzialmente come per il politico delinquente 'verum et falsum in ipsum convertuntur' . L'aspetto più terribile dello stato di cose creatosi consiste nel fatto che la criminalità politica organizzata ha detenuto il potere in modo legittimo, democratico, sancito da ripetute elezioni libere. E se è vero, come è vero, che le teorie elitarie della democrazia sono il prodotto dell'etilismo intellettuale, non è accettabile la spiegazione che la maggioranza degli elettori sia stata ingannata. Neppure è accettabile l'affermazione che 'tutti responsabili equivale a nessuno responsabile' .C'è stata una responsabilità collettiva della maggioranza del popolo italiano, che ha creduto in quello che gli faceva comodo credere finché, nei disagi collettivi, i personali vantaggi garantivano una situazione personale tranquilla. Quando questa garanzia è venuta meno i disagi collettivi sono divenuti insopportabili. Quanto meno c'è stata questa componente nel determinare la conferma elettorale dei numerosi politici delinquenti che più o meno cronicamente hanno occupato i seggi alla camere.
Ma la distinzione che rimane
fondamentale è tra chi crede che l'organizzazione dell'attività
politica debba partire dalla periferia per arrivare al centro, e chi ritiene
invece che debba partire, o di fatto parta, dal centro per arrivare alla
periferia (secondo un'altra allegoria geometrica si parla di alto e di
basso) .Se nel passato era possibile pensare che fosse impensabile modificare
l'organizzazione politica partendo dal basso, a causa dei 'rapporti di
forza' , oggi i rapporti di forza appaiono sostituiti dalla legittimazione
elettorale maggioritaria di teorie e concezioni elitarie. Questo è
il dramma di chi vorrebbe far politica in modo e per difendere gli interessi
della ragione umana nei confronti delle barbarie, le ragioni del diritto
davanti ai soprusi: scopre che spesso i deboli votano per i forti, sperando
di ottenere dai forti ciò che essi ritengono di non essere capaci
di ottenere.
E' un fatto che la criminalità
politica organizzata è stata legittimata in Italia da numerose elezioni
libere. Questo fatto ha legittimato non solo la criminalità politica,
ma anche le teorie elitarie della democrazia, e naturalmente ha rinforzato
la concezione che le elezioni siano un censimento degli aderenti alle varie
ideologie circolanti.
Il politico delinquente raramente
nasce tale, più spesso lo diventa a causa dell'educazione elitaria
impartita nelle scuole superiori ('voi siete la futura classe dirigente'
viene ripetuto dagli insegnanti) , a causa dell'insegnamento storico che
viene impartito, che è, come ricorda Popper, storia del crimine
organizzato, a causa di concezioni biologistiche dei rapporti umani che
la nostra cultura e le nostre religioni tramandano, e a causa di specifiche
ragioni politiche che abbiamo cercato di elencare ed elucidare.
Nell'Italia del dopoguerra
si è forse verificata una sorta di maturazione, di evoluzione, (in
politichese 'crisi di crescita') del sistema politico. Da un regime secolare
di criminalità politica della minoranza dominante, si è passati
a in regime democratico in cui la maggioranza ha governato secondo i metodi
della criminalità politica passata. Sarebbe possibile analizzare
questa teoria in modo approfondito, secondo i metodi della statistica sociologica.
Se no dovremmo pensare che la criminalità politica generalizzata
sia un fatto genetico, il che non appare possibile per il fatto che gli
abitanti dell'Italia sono un misto di razze e di etnie tra le più
variegate, e ciò che hanno in comune non sono i loro geni ma la
loro storia e il loro ambiente.
Così deve essere difficile
per chi, pur avendo scelto una linea di ragionevole pragmatismo, si ritrova
a dover prendere delle decisioni in una sorta di isolamento provocato dal
disinteresse per la politica basata sulla ragione e non sulla religione.
Deve essere difficile, in queste circostanze, non riconoscere alla prassi
elitaria una sua funzione. Esiste cioè una sottile base, come la
lama di un coltello, su cui si cammina: la democrazia che è governo
della maggioranza dei cittadini, e la concezione elitaria della democrazia
che vuoI dire governo dell'élite dei cittadini, in cui si rischia
di cadere se si perde l'equilibrio. E il disinteresse per la politica in
genere è un forte fattore di squilibrio. Probabilmente la giusta
mediazione consiste appunto nell'accettazione della prassi e nel rifiuto
della teoria. La prassi può essere legittimata da un voto mentre
la teoria riporta alla politica come scontro di ideologie.
In conclusione: la delinquenza
politica può essere combattuta presentando alle elezioni un candidato
ottimista, razionalista, democratico e non elitario. Il programma, di cui
questo ideale candidato dovrebbe essere portavoce, sarà stato idealmente
elaborato dal maggior numero possibile dei cittadini che si apprestano
a votarlo. Il coordinamento del programma ai programmi di aree geografiche
vicine, e di quelli che si definiscono ancora interessi nazionali, verrà
idealmente effettuato in una organizzazione politica elettorale ad hoc,
organizzazione strutturata il più possibile dalla periferia al centro.
Gli eletti verranno confermati o mandati via a seconda dei risultati ottenuti.
I candidati alle elezioni non verranno scelti dagli eletti, che tenderebbero
a ricandidare se stessi o i propri amici, ma dagli elettori. Questo è
ciò che si chiama semplificazione della politica. Tutto il resto
è commento.
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