LA GUERRA DI SMALCALDA
 

Papa paolo III, Alessandro Farnese (1468 - 1549)

Ma esiste un legame storico tra la regione sassone e quella aprutina? Può essere esistito un contatto con Schilda che consenta di rinvenire, in quelle tedesche, gli archetipi delle storielle di Campli? Sembra di sì, posto che alcune storie della zona sassone figurano nell'antologia "camplese". Dal Muzj prima e dal Palma poi, si apprende che fra le due zone vi furono motivi di contatto (6). I cittadini di Schilda vivevano nel cuore della Sassonia, in quella regione calda della riforma luterana che aveva indotto il Papa Paolo III (un Farnese) (7) a chiedere l'aiuto dell'Imperatore Carlo V. Questi, per assecondarlo, mosse guerra a Gio.Federico Duca di Sassonia ed a Filippo Langravio d'Assia che avevano favorito gli eretici luterani. Fu chiamata la "guerra di Smalcalda" dalla omonima Lega (8) che aveva armato l'esercito protestante dell'Elettore di Sassonia. Una guerra che si concluse a Muhlberg (9) il 24 aprile 1547 con la sconfitta dei protestanti. Mosse dunque, l'Imperatore Carlo V, guerra ai duchi di Sassonia impegnando il Papa Paolo III a fornire dodicimila fanti e cinquecento cavalli da reclutare e requisire nella regione pontificia. "Furono spediti in Ascoli alcuni Capitani, onde i giovani di Teramo, desiderosi di vedere nuovi paesi, al numero di cento, e per la maggior parte dei principali della Città, andarono alla guerra".(10)
Ma non soltanto da Teramo partirono per la "guerra di Germania", ma - come aggiunge il Palma - "ben anche dagli altri luoghi della Regione", come sembrerebbe da "una lettera scritta dall'Imperatore all'Università e (da) un certificato del Generale Farnese, ne' qualiviene lodato il valore di dugento volontarj Civitellesi" (11). Quindi piùdi cento, fra teramani e civitellesi, furono i giovani che superarono "le chiuse del Tirolo" al seguito di Ottavio Farnese (12) sopportando disagi immani che li sterminarono più dei combattimenti.

Margherita (o Margarita) D'Austria (1524 - 1586)

Verosimilmente fra questi giovani doveva esserci anche qualche rampollo delle nobili famiglie di Campli, se si tien conto che i Capitani pontifici reclutavano in nome di un Farnese al cui casato la Campli di quell'epoca era particolarmente devota per debiti di riconoscenza e vincoli di sudditanza. Non va dimenticato che quattro anni prima la duchessa Margherita d'Austria (13), nuova Signora di Campli, figlia naturale di Carlo V e moglie di Ottavio Farnese, a sua volta nipote di Paolo III e Generale comandante dei fanti pontifici, era venuta a visitare i suoi stati (14) festosamente accolta dai camplesi.
La guerra si concluse vittoriosamente per l'impero, ma disastrosamente per i giovani teramani. Difatti, mentre Teramo festeggiava l'ultimo giovedì di carnevale del 1547 con canti, danze e maschere, comparve a cavallo nella piazza, "uno dei giovani che erano andati alla guerra" "e diede improvvisa nuova, che settanta soldati di Teramo erano morti di freddo e di fame, fuorché Orazio Forti e Giovanni Palucci, che valorosamente combattendo con i nemici in una scaramuccia, furono morti". "Onde in un attimo - racconta Muzj - cessarono tutte le feste e nelle strade, e case, nelle quali prima s'erano uditi suoni, e canti, altre non si udiva, che gemiti, pianti e stridi dei padri e fratelli, madri e sorelle dei soldati morti" (15). Non è azzardato pensare che al dolore  

Ottavio Farnese (1524 - 1586)
si unissero le imprecazioni contro i Farnese che avevano condotto i loro figli a morire in terre lontane e sconosciute. Una sorta di comprensibile ostilità, certamente non favorevole ai già tesi rapporti tra Teramo e Campli, città, quest'ultima, dai Farnese protetta e privilegiata.
E cosi tornarono i superstiti dai campi di una guerra, forse non combattuta, ma sicuramente vissuta tra stenti e privazioni per il freddo e la fame ai quali il freddo e la fame ai quali i giovani soldati "meridionali" non erano abituati. Tornarono, come tornò in quel Giovedì grasso "Pitollo Casiofresco"(16), che tramutò un giorno di festa ingiorni di lutto. E come a ogni ritorno, i racconti della guerra combattuta in terra straniera e della gente che l'abitava; racconti spesso coloriti e ingigantiti dalla fantasia; magari dinanzi a un boccale di vino in qualche taverna con un uditorio attento, interessato e, forse, divertito. Così qualcuno avrà parlato di quella "strana gente" di Sassonia, di quei paesi, sulle rive dell'Elba, dove si seminava il sale... .

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