ANIMALI ESECUTORI DI GIUSTIZIA

Animali delinquenti, dunque, ma anche "animali giudici" e "animali esecutori di giustizia" per le loro qualità morali e materiali. "E' una brutta espressione ed una brutta realtà", come afferma il Lessona nella "giurisprudenza animalesca" (46). Così, in esecuzione di quella giustizia, era segno di inasprimento di pena, per un condannato a morte mediante impiccagione, appiccarlo insieme ad un lupo o ad un asino oppure, ancor peggio, in mezzo a due cani. In tali circostanze era l'animale che esercitava la funzione di esecutore di giustizia. Vien fatto di pensare alla sorte ingrata riservata al povero animale giustiziato "per le sue qualità morali". Non stupisca, perciò, la ricorrente presenza, nelle storielle umoristiche, di asini impiccati per stolte funzioni servizievoli.
Meno ingrata, per l'animale, la "legge Burgundia" che comminava ai rei di furto la pena del bacio delle natiche di un cane. Vi ricorse Federico Barbarossa per punire i Milanesi rei di aver costretto la moglie Beatrice ad entrare a Milano cavalcando a ritroso un asino tenendone la coda per mano. Vennero costretti, a loro volta, a baciare le natiche dello stesso asino (47).
Rituali che appartengono alla storia giuridica medievale, assunte nel grottesco e sedimentate, per trasposizione, nelle tradizioni satirico-umoristiche popolari. Questo passaggio nel tempo, dal rituale alla fantasia, appartiene a quella che Propp indica come "trasposizione del rito nella fiaba". La sostituzione, cioè, nella storiella (che nel caso di specie sta per fiaba) di elementi del rito (processure animalesche) divenute incomprensibili "...in forza di mutamenti storici" (48).
Così l'asino viene "strozzato" in luogo della pena per impiccagione, "insufflato" al posto del bacio delle natiche, assunto come reo o, se si vuole, come esecutore di giustizia, nella storiella camplese della semina del sale; bastonato, vituperato e, per deridere la credulità del prossimo, viene anche fatto... "volare" (49).
Povero asino! Un animale del quale non possono che decantarsi pregi nel servizievole e millenario utilizzo da parte degli uomini e la cui umiltà è sublimata, nella storia del cristianesimo, dalla presenza nella capanna di Betlemme, alla fuga verso l'Egitto.
Della sua "nobiltà", delle sue "qualità fisiche", "intellettuali e morali" e " della (sua) rinuncia alla divinità", trattò, molto argutamente, il Guerrazzi tracciando, nel "sogno" la storia dell'asino dall'antichità classica ai giorni suoi. E' entrato in questa "storia delle storie su Campli" casualmente come casualmente vi è entrato "il sale" dalla storiella che accomuna Campli con la sassone Schilda. Ma appare giusto che vi rimanga per sorridere ancora delle amene storielle e stare al giuoco dei malevoli affidando, a queste pagine conclusive, una umoristica "riabilitazione", ridonandolo al ruolo di "esecutore di giustizia" per le devastazioni del campo seminato a sale. Una "nobile" funzione alla quale lo aveva già destinato l'Imperatore Federico per punire i Milanesi che avevano osato oltraggiare la moglie Beatrice.


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