DEI LANAIOLI E DEI MERCANTI |
L'attività dei
lanaioli
potrebbe aver fatto da tramite tra Campli e Lanciano. Essa appare incisiva
nell'economia camplese, ove la produzione ed il commercio della lana assunse
aspetti di generale coinvolgimento commerciale, politico ed amministrativo
di quella Università.
A Campli, lo Statuto
Municipale rivela l' esistenza di una forte corporazione: de quelli
che fando la lana e, per dirla con il contenuto del capitolo 17, ...[dei
fabbricanti e lavoranti nelle] filiere, tessiere, tintori, purgatori,
valcatori e simili, che rivela un considerevole numero di lavoranti
nell'indotto.
Negli Statuti del
Comune di Teramo (1440), non si trova un capitolo specifico, cioè
in termini corporativi, ma si leggono diverse disposizioni agevolative
e normative,che evidenziano come l'arte della lana fosse la maggiore attività
industriale della città, alla quale erano destinate, secondo il
Savini le più diligenti cure... del Comune.
Che fosse una corporazione
importante, lo si rileva dai Capitoli de la gabella di la consolaria,
(51)
che integrano efficacemente i citati Statuti.
Capitoli che non dovevano
essere dissimili da quelli prescritti dallo Statuto Municipale di Campli,
dei quali però, almeno da parte di chi scrive, non se ne conosce
il contenuto.
Si vuole che l'attività
dei lanaioli teramani risalisse all'epoca romana, come si apprende
da un epitaffio collocato nel cortile del civico palazzo, dal quale si
desume che ad esercitarla doveva essere una moltitudine necessariamente
riunita in Collegium e cioè una corporazione di antichissima
datazione. Rimane, però, qualche perplessità interpretativa
sulla traduzione Centonariorum in lanaiuoli in Centonarii, ovvero
in Falegnami o più verosimilmente in cenciaiuoli.
Devesi comunque convenire
che anche a Teramo l'arte della lana avesse antiche radici, raggiungendo
il massimo splendore tra il '400 e il '500.
Come è stato
già detto, l'attività manifatturiera e commerciale della
lana è ampiamente documentata.
Un Registro di Atti
comunali degli anni 1552, 1553, e 1554 ci mostra i Consoli dellarte della
lana {Consules lanificii) che ogni semestre nel numero di due si eleggevano
dal Consiglio e che certo erano incaricati dell'esecuzione di quelle leggi
municipali che riguardavano quest'arte. (52)
E' noto che la compilazione
statutaria camplese fu certo il rimaneggiamento di una precedente di
molto anteriore al 1575 ed è altrettanto noto che anche a Campli
erano previste medesime funzioni.
Del resto, la necessità
di difendere comuni interessi - specie nei rapporti con i mercanti-
faceva muovere di pari passo quelle corporazioni.
A Campli lo Statuto
prevedeva che dovevano essere eletti, ogni anno, quattro capi d'arte...
uno per quartiero; a Teramo due ogni semestre, in rapporto dunque equivalente.
Vero è che interesse precipuo di tutti fosse quello della produzione, per sopperire alle richieste dei numerosi mercanti forestieri. "Attratti nella nostra città", come conclude il Savini per Teramo, e dai privilegi e dal loro utile, vi dimoravano per lo smercio dei prodotti dell'arte della lana, così anche dalla varietà degli artefici che ad essa attendevano. (53) Anche i camplesi erano spinti dalle stesse ragioni. Il loro commercio ottenne enormi benefici, forse anche attraverso rapporti diretti con i mercanti forestieri (fiorentini, senesi, aretini ecc.), che operavano a Teramo. Artefici di questo benessere economico furono, comunque, i mercanti (ebrei e non) che operavano nelle due piazze. Con i loro commerci alimentavano le attività di numerose famiglie se è vero, come è vero, che in quasi tutte le case di Campli e sobborghi, vi erano telai ed attrezzi per la produzione dei panni-lana e, verosimilmente, della seta. Tomaso Garzoni,(54) tratta dei lanaruoli, o lanefici, e mercanti di lana, battilani, o verghezzini, scardassini, tonditori da lana, cernitori, pettinatori, tiratori, purgadori, cimadori, emendatori, filiere, orditori, tessari, cardatori, folatori, tintori di lana, chiodaruoli, drappieri, sargieri, rascieri, tappezzieri, berrettari, cappellari e materassari. Un elenco dettagliato delle attività primarie ed indotte, i cui prodotti potevano essere collocati solo con l' ausilio dei mercanti. Considerazioni ovvie, ma che danno un'idea del contesto nel quale si muoveva la piazza di Campli con le sue manifatture ed i suoi commerci. Un'idea significativa del numero di persone che vivevano di quell'attività, numero rilevante tenuto conto degli abitanti impegnati nei lavori agricoli (abitanti fuori le mura), di quelli addetti ai lavori di prima necessità |
|
...de
quelli che fando la lana... (lavoranti, filiere, tessiere, tintori, purgatori,
valcatori et finalmente ad ogni altro pretendente interesse li facciano
convocarl nelle loro congregazioni) cfr.pag.65
Tav.51 / Purgadore CII - Illustrazione ottenuta da xilografìa di Jost Amman tratta da De omnibus illiberalibus sive mechanicis artibus di Hartman Schopper, Francoforte sul Meno, 1574 - tratta da T. Garzoni, La piazza di tutte le professioni del mondo, ristampata a cura di Giovanni Battista Bronzini, da Leo Olschki Editore, Firenze, 1996, (riproduzione autorizzata dall'Editore). |
(fornai, mugnai, macellai
ecc.) e artigianali (fabbri, calzolai, falegnami ecc.) e di quelli che
esercitavamo un doppio lavoro, specie i contadini, nelle cui case
sicuramente si tesseva.
Ma chi erano questi lanaruoli ? Tomaso Garzoni, così li descrive trattando dell'arte della lana: E' nobile in se stessa quest'arte della lana, perche il più sontuoso, et honorato vestire che si possa fare per un gentiluomo è il vestire di finissimi panni di lana, come ben si vede, che tutte le persone nobili del mondo non hanno a sdegno vestirsi di quegli, anzi l'usano i prencipi stessi, et i regi del mondo quasi da per tutto. E' nobile ancora in questa parte che in molti luoghi amministra giustitia da so!d, trovandosi i consoli dell'arte, c'hanno autorità sopra i mercanti della lana in tutto |
quello dove l'arte
loro s'estende. E tal arte è fatta solamente da persone facoltose,
et nobili, che vanno egregiamente in ordine, et che si trovano haver
le borse, e i scrigni pieni ordinariamente di ducati.
(55)
Ma, dopo aver descritto la storia ed i metodi della produzione, aggiunge: ...et così l'arte è finita: la quale è di gran guadagno più per i mercanti, che per i poveri lavoranti, gli quali, se ben non tranno altro che il vitto, et malamente, pur si ostentano in essa copia grandissima d'artigiani, ch' andarebbono a male, se non fosse quest'arte... .(56) E' un po' quello che avviene nei giorni nostri, in una piazza universale enormemente dilatata, per effetto del superamento delle distanze, non più limitate dai mezzi di comunicazione. Le considerazioni di Garzoni conservano piena attualità; basta pensare allo sfruttamento del lavoro minorile (non solo nel sud-est asiatico), allo sfruttamento della mano l'opera nel Terzo mondo, allo sfruttamento dei nuovi migranti e simili. Condizioni disumane, che non si sono esaurite con il trascorrere dei secoli e che, paradossalmente, sono accettate quasi con gratitudine dai ...poveri lavoranti, gli quali, se ben non tranno altro che il vitto, et malamente pur si sostentano ... h'andrebbono a male, se non fosse |
|
L
TESSITORE" - Professioni ebraiche - pagina dell'edizione illustrata del
Decreto Kalisz (1264), del pittore ebreo polacco Arthur Szyk (1894-1951)
- in Atlante storico del Popolo Ebraico - Zanichelli Editore, 1992,
pag.122 - particolare, riprodotto da Martino Sala.
|
quest'arte.
ll Garzoni, che scrisse il suo catalogo universale nel 1585 e che, pur affondando le radici di ciascuna attività in epoche remote, le descriveva influenzato sicuramente dalle abitudini della sua epoca. A Campli molte persone ruotavano intorno all'arte della lana fatta solamente da persone facoltose. Ed è sui mercanti, ...che vanno |
Artefici
di questo benessere economico furono... i mercanti (ebrei e non) che operavano
nelle due piazze (cfr.pag.69)
Tav.33 / Mercante LXV / Illustrazione ottenuta da xilografta di Jost Amman da De omnibus illiberalibus sive mechanicis artibus di Hartman Schopper, Francoforte sul Meno, 1574. - Tratta da T.Garzoni, opera citata, Firenze, Olschki Editore, 1996 |